Nel 1938 le democrazie ignorarono i segnali di oppressione e guerra
Fu un anno discriminante il 1938, era già aperto e visibile il baratro della guerra e delle violazioni dei diritti naturali e civili dell’uomo. Si può obiettare che il presente, mentre lo viviamo, è difficile capirlo da parte del cittadino comune con lo sguardo critico e in prospettiva come lo osserva lo storico a cose fatte, però i responsabili delle istituzioni democratiche avevano il dovere morale e gli strumenti politici di contrasto alla catastrofe ben visibile sull’orizzonte.
Cominciamo dall’Italia in luglio col manifesto che sostiene la superiorità della razza bianca sulle altre: una menzogna eppure sostenuta e firmata da molti scienziati italiani, che portò a novembre alle leggi razziali che espulsero gli ebrei dalla comunità degli italiani e accettata senza nessuna protesta aperta e condanna nei paesi democratici. Il precedente intervento italo-tedesco a fianco della falange franchista in Spagna favorì l’accordo di alleanza militare detto “Asse Berlino – Roma” allargato poi al Giappone: era un’evidente prospettiva di guerra, visto anche il ritiro dei tre Stati dalla Società delle Nazioni.
Hitler aveva realizzato la ricostituzione della forza tedesca che riportava la Germania in posizione di piena parità con le altre potenze, che l’accettarono. Il primo ministro inglese, il conservatore Chamberlain, fece politica di concessioni verso la Germania, nella convinzione che, raggiunta una posizione di prestigio, il nazismo si sarebbe sentito appagato per aver reinserito il paese nell’equilibrio europeo. Invece Hitler in piena consapevolezza marciava per ridurre l’Europa sotto l’egemonia tedesca.
Le prime conseguenze furono l’attuazione della riunificazione nel III Reich di tutti i tedeschi europei, prima di tutti gli austriaci e i tre milioni della regione dei Sudeti, la parte nordoccidentale della neonata Cecoslovacchia. Aveva avviato l’impresa in Austria, dove nazisti austriaci nel 1934 avevano assassinato il primo ministro Dolfuss, negli anni successivi le tensioni interne furono molto forti, il nuovo cancelliere chiese ad Hitler di intervenire per salvare il paese dal caos; subito il giorno dopo, il 12 marzo 1938, le truppe tedesche invasero l’Austria che divenne la provincia Orientale della Gemania nazista, un plebiscito approvò l’annessione. Nessuna delle grandi potenze intervenne, era un altro chiudere gli occhi. Mussolini, che in passato aveva difeso l’indipendenza dell’Austria inviando anche truppe intimidatorie al Brennero, dichiarò che l’Anschluss dell’Austria gli era ormai “indifferente”.
Ora toccava alla Cecoslovacchia, in tutta tranquillità. L’assorbimento dell’Austria rinvigorì nei tedeschi dei Sudeti (esclusi i socialisti) l’entusiasmo per Hitler. I cechi si trovarono accerchiati da forze ostili, tranne i polacchi, cercarono di mobilitarsi contro ma senza nessuna realistica possibilità di riuscirci; il dittatore tedesco irritato dichiarò l’intenzione di occupare militarmente il territorio dei Sudeti a Chamberlain primo ministro inglese, il quale rispose che la Gran Bretagna non avrebbe combattuto per ”un lontano paese del quale sappiamo poco”.
La Germania cominciava ad ammettere il piano di scatenare una guerra contro le potenze occidentali. A questo punto Chamberlain pregò Mussolini di farsi mediatore presso Hitler per scongiurare il pericolo. A Monaco il 29-30 settembre si incontrarono i due dittatori, Chamberlain e il presidente francese Daladier, i cechi furono esclusi e anche i sovietici. Sembrava di aver salvato la pace, al parlamento inglese il primo ministro lodò il cancelliere tedesco per aver “offerto un vero e sostanziale contributo” alla pace e “certamente notevole e forse decisivo” quello dato da Mussolini.
Gli accordi di Monaco furono invece soltanto una copertura diplomatica, una mediocre farsa per nascondere il cedimento a tutte le pretese tedesche e per lo strangolamento della Cecoslovacchia: immediatamente l’1 ottobre 1938 l’esercito tedesco entrò nella regione dei Sudeti, abitata da una minoranza di tedeschi e annessa alla Germania.
I cechi dovettero evacuare in poche ore; altra loro migrazione forzata fu dalla regione intorno a Taschen abitata da 133mila cechi e ceduta alla Polonia e un territorio abitato da qualche centinaia di slovacchi fu assegnato all’Ungheria. Un popolo di una democrazia nata dai trattati di pace della Grande guerra, legato da un preciso patto di alleanza con la Francia, era stato oggetto passivo di mercato da parte delle potenze, osserva lo storico Massimo L. Salvadori, e Hitler aveva trionfato su tutta la linea comportandosi come un istrione che si traveste da uomo di pace e firma patti di negoziato, invece a breve farà guerra con un enorme arsenale contro Stati e governi che non avevano voluto aprire gli occhi: una cecità colpevole.
Verso la fine la guerra civile: il 1938 fu l’anno decisivo
per l’affermarsi della dittatura in SpagnaLa guerra civile spagnola era iniziata nel 1936 dopo decenni di instabilità politica e una crescente crisi sociale. Pesantissima era l’arretratezza economica, indicibile la corruzione. Contro la politica accentratrice di Madrid,sostenuta da latifondisti e da una Chiesa ricca, si scontra il federalismo della Catalogna, dei Baschi e della Galizia. I proletari divisi non riuscirono a mettere a frutto la vittoria nelle elezioni amministrative del 1931 e la proclamazione della repubblica dopo l’abbandono della Spagna da parte del re Alfonso XIII. Fallì una riforma agraria per migliorare le tecniche produttive e spezzare i latifondi privati ed ecclesiastici; si capisce da questo perché, pur profondamente cattolici, piccoli coltivatori diretti e braccianti avversassero i grandi proprietari e il clero, coi quali aveva forti connessioni di interesse la borghesia industriale forte soprattutto in Catalogna. La repubblica socialista avviò un riformismo che non soddisfece le esigenze delle masse, tuttavia suscitò una forte reazione delle forze di destra: era la paura dei ”rossi”, fenomeno che determinò molto le svolte fasciste del Novecento. Contro repubblicani divisi e incerti, le destre con le elezioni del 1933 tornarono al governo con spirito di vendetta. Seguirono rivolte a catena soprattutto degli anarchici. Contro le forze reazionarie organizzate intorno alla Falange fascista, un Fronte popolare di repubblicani borghesi, socialisti, comunisti, partito operaio antistalinista riconquistò la maggioranza nelle elezioni del 1935, ma l’unità risultò subito molto scarsa,si scatenò la violenza che mise in azione alti ufficiali, tra cui Francisco Franco che insorse. Fu guerra civile con circa un milione di morti dal luglio 1936 a marzo 1939, mise repubblicani antifascisti contro reazionari della Falange sostenuti da Italia e Germania, violando l’accordo di “non intervento” firmato con francesi e inglesi. Solo Stalin aiutò i Repubblicani con consiglieri e armi; altro sostegno venne dalle Brigate Internazionali. Le regioni di Madrid e Barcellona furono controllate dai Repubblicani, vincitori a Guadalajara con aiuto decisivo dei brigatisti italiani, ma militarmente inferiori furono sconfitti sull’Ebro il 28 novembre 1938. La loro guerra era persa, Stalin fece ritirare le Brigate Internazionali, i fascisti della Falange avviarono il 23 dicembre 1938 l’offensiva finale. A fine gennaio cadde Barcellona: fu il trionfo del regime franchista concluso con la morte del capo nel 1975. (m.l.s.)
(Maria Luisa Simoncelli)