Appare sempre più evidente la prevalenza di Salvini su Di Maio
A poco più di 7 mesi dall’inizio della legislatura, il nuovo quadro politico italiano comincia ad essere sufficientemente delineato, sia per quanto riguarda le forze di governo che quelle di opposizione. La reale natura che il Movimento 5 Stelle – prima forza politica uscita dalle urne del 4 marzo – avrebbe disvelato una volta al governo era l’interrogativo più grande del dopo voto.
Quattro mesi di governo hanno mostrato che il Movimento non ha alcun vero indirizzo politico né una strategia per realizzarlo. Nella scarsa produzione legislativa di questi mesi, tra qualche timido provvedimento di sinistra (la stretta sui contratti a termine), qualche strizzata d’occhio a destra sul tema dell’immigrazione e la grancassa demagogica sulla fine dei vitalizi già aboliti dal governo Monti (l’Ufficio di presidenza della Camera ha solo deliberato un nuovo metodo di calcolo della “pensione” degli ex deputati), la cosa che più di tutte ha contraddistinto i grillini è stata la loro palese subalternità alla Lega.
Il vuoto pentastellato, già dimostrato quando Di Maio offrì l’alleanza indifferentemente a PD e Lega, reso ancor più triste dalle esultanze dai balconi alternate ai complotti denunciati a Porta a Porta, mette a nudo una sete di potere che china il capo – con pochi imbarazzi – di fronte al condono fiscale, ai guai giudiziari legati alle malversazioni leghiste con i 49 milioni del finanziamento pubblico e pure di fronte alle modifiche imposte dal Carroccio al Decreto Dignità.
Ma non solo. Il M5S ha dovuto retrocedere sulla chiusura promessa dell’Ilva di Taranto (senza nemmeno avere ottenuto adeguate garanzie ambientali) e sullo spostamento del gasdotto Tap in Salento. Insomma, la sventolata impermeabilità a quelli che maldestramente vengono chiamati “poteri forti” sembra già evaporata.
E nella Genova degli applausi al governo davanti alle bare, il decreto“scritto col cuore” dal Ministro Toninelli (che sta retrocedendo a piccoli passi nella bizzarra guerra ad Autostrade per l’Italia per la ricostruzione del Ponte “Morandi” sul Polcevera) è sottoposto al fuoco di quel centrodestra ligure che incorpora pure l’alleato leghista. Già, la Lega: forte di una strategia politica e comunicativa ben delineata e di una confidenza decennale con i palazzi ministeriali, il Carroccio è il vero mattatore del governo.
Alimentando i problemi, più che risolvendoli, il partito di Salvini cinicamente sta interpretando questa fase politica in modo da capitalizzare in termini di voti la sua presenza in maggioranza e i sondaggi e il test elettorale di Trento gli danno ragione. Sulla pelle del Paese e dell’Europa la Lega potrebbe far cadere il governo nel momento propizio, per tornare a Palazzo Chigi, dopo nuove elezioni, da padrona di quel centrodestra che per ora non ha mostrato alcuna opposizione credibile al governo Salvini-Di Maio.
Del resto il contratto di governo contiene promesse care al blocco sociale berlusconiano (riduzione delle imposte alle imprese, nessuna norma sul conflitto di interessi) e la nomina del presidente Rai è stata un chiaro omaggio all’anziano leader di Forza Italia. In questo quadro è evidente un paradosso: il “dominus” del governo è la terza forza politica uscita dalle urne.
A dispetto di chi sostiene il contrario, questa soluzione non è quella espressa dagli elettori il 4 marzo: il 63% di essi non ha votato centrodestra e tra il 37% che lo ha fatto, una buona metà, quella riferita a Forza Italia, non lo ha fatto di certo per dare vita ad un governo con il M5S. La cronaca ha messo fedelmente in chiaro come si sia arrivati a questo esito. I prossimi mesi, quelli che ci separano dalle elezioni europee, diranno se sorgerà la volontà di incidere con efficacia sugli equilibri attuali o se la Lega, con il placido sostegno dei grillini, potrà continuare indisturbata a guidare il Paese.
Davide Tondani