Giovani di AC: “Quando sei tra i poveri non dimenticare che anche tu sei povero”

#SiamoQui. L’esperienza di una giovane della nostra diocesi: una settimana a Roma per un campo di servizio e l’incontro con il Papa al Circo Massimo

32SiamoQui_Giovani_Roma_PapaNoi giovani di AC, da domenica 5 a domenica 12 agosto abbiamo partecipato al campo di Servizio a Roma, insieme ad altri ragazzi della Pastorale Giovanile, che si è concluso nell’incontro con Papa Francesco al Circo Massimo. Nel corso della settimana abbiamo avuto modo di prestare servizio alla mensa della Caritas di Santa Giacinta, riflettere sul tema del servizio, confrontarci con persone della Comunità di Sant’Egidio che tutti i giorni dicono il loro “Sì” nel servire il prossimo e assistere all’udienza papale. È stata un’esperienza impegnativa, ma che porteremo nel cuore per molto tempo.
Durante il campo abbiamo infatti avuto modo di percorrere tratti di strade che, pur incrociandosi con la nostra tutti i giorni, rimangono a noi completamente sconosciute ed estranee. Le prime che abbiamo battuto sono quelle dei nostri compagni di viaggio; eravamo una ventina di ragazzi provenienti da diverse zone della diocesi e da differenti esperienze di Chiesa: chi nel quotidiano faceva l’educatore in Oratorio, chi ricopriva il ruolo di catechista in parrocchia, chi era tesserato AC e chi semplicemente si sentiva chiamato a vivere una nuova esperienza mettendosi al servizio del prossimo.
Tra noi ragazzi, come spesso capita, si è instaurato un legame solido grazie al quale è stato più semplice condividere e affrontare i momenti forti attorno ai quali ha ruotato la settimana. Il Servizio in mensa ci ha insegnato che cosa vuol dire scendere in campo da cristiani, ossia che cosa significa essere cristiani con i muscoli, ci ha insegnato che è proprio vero che siamo tutti uguali e siamo tutti fratelli, che non esistono barriere che non si possono abbattere o muri che non si possono scavalcare.
32giovani_Papa2Personalmente non avevo mai fatto esperienze di servizio e per me il primo giorno, lo ammetto, è stato difficile: pensavo che il fine del servizio fosse quello di dare da mangiare alle persone che avevano bisogno, non riuscivo a tollerare che il mio aiuto venisse rifiutato da parte loro o dato per scontato. Per tutta la serata mi sono sentita inadeguata e incapace, continuavo a credere di non essere in grado di fare la differenza, insomma pensavo che se ci fossi io o ci fosse un altro dietro al bancone a servire il cibo sarebbe stata la stessa cosa.
La mattina successiva abbiamo riflettuto su che cosa significasse “Servizio” condividendo le nostre esperienze con quelle degli altri, e in quel momento gli educatori ci hanno dato il consiglio di servire come dei cristiani: non avevo esattamente chiaro che cosa potesse significare questa frase ma ho provato a viverla, cercando di non pensare più all’atto di porgere un piatto di pasta o un pezzo di pane, ma provando a posare su quel piatto le mie gioie, la mia voglia di conoscere e… beh, anche i miei sbagli. Le cose sono andate meglio, ma non mi sentivo ancora del tutto soddisfatta. Il giorno successivo abbiamo partecipato all’udienza papale nell’aula Paolo VI: è stato lì che mi sono ricaricata per affrontare al meglio le ultime giornate a Roma. Il Papa, parlando di idolatria, ci ha spiegato che essa nasce quando non riusciamo a trovare Dio nel deserto e quindi costruiamo un nostro dio personale e ha definito il deserto come un luogo dove regnano le precarietà e le insicurezze, dove non c’è nulla, mancano acqua, cibo e riparo. E tutta questa mancanza provoca ansie primarie che generano l’idolatria. Parole che ci hanno fatto capire quanto possa essere bello provare a donarsi al prossimo cercando di sconfiggere il deserto che porta dentro.
32giovani_Papa1Due giorni dopo siamo entrati per l’ultima volta nella mensa. Lì dentro era tutto regolare, i compiti sempre i soliti, gli ospiti sempre gli stessi: ma quel giorno è stato diverso. Abbiamo cercato di dare il massimo per metterci a servizio e donare il nostro tempo. È stato bello sedersi liberamente ai tavoli con loro e conversare del più e del meno, di canzoni, di materie di studio, di città visitate… E così facendo abbattere i pregiudizi: togliendoci e togliendo loro quelle maschere che impediscono di vedere il cuore delle persone. Infine, sabato ci siamo diretti al Circo Massimo insieme ad altri 80.000 ragazzi provenienti da tutte le diocesi d’Italia, tutti con l’obiettivo di fare tesoro delle parole del Papa per poterle rendere vive tutti i giorni. Papa Francesco ci ha comunicato quanto sia importante “Sognare in grande” e quanto bello “Sognare al plurale”; ci ha incoraggiato ad essere ottimisti perché i pessimisti non concludono mai niente di bene e ha sottolineato l’importanza del dire “No” alla paura. Nella notte, dopo esserci scatenati sotto il palco durante un concerto, abbiamo affrontato un pellegrinaggio nelle chiese di Roma: sfortunatamente le chiese erano quasi tutte piene dei tanti giovani arrivati nella capitale e siamo riusciti ad entrare solo in due: quella dell’AC e quella del Sermig. Le due organizzazioni hanno proposto due differenti modalità di veglia: la prima ha trattato di giovani martiri, santi e beati, mentre la seconda ha proposto un telo bianco sul quale poter scrivere le nostre preghiere a Maria, madre dei giovani.
L’ultimo giorno siamo andati in piazza San Pietro a celebrare la messa insieme a tutti gli altri giovani pellegrini per concludere così questa meravigliosa esperienza; in comunione con tutti i Sognatori del presente, adulti del Futuro. Un giorno avevo letto un pensiero sul servizio: “Quando sei tra i poveri, non dimenticare che sono poveri”; ora, dopo questa esperienza, lo cambierei in: “Quando sei tra i poveri non dimenticare che anche tu sei povero.”

Isabella Bardini