
Anniversari. Nella notte fra il 20 e il 21 agosto 1968 l’esercito sovietico pose fine alla stagione delle riforme
L’anno dell’esplosione internazionale dei movimenti studenteschi, il 1968, è scandito anche da altri mutamenti significativi: “l’offensiva del Tet” in Vietman, in Cecoslovacchia quello noto come la Primavera di Praga è un interessante esperimento di liberalizzazione mai tentato in un paese comunista, iniziato a gennaio e portato avanti dagli stessi dirigenti del partito.
La situazione in Cecoslovacchia è descritta in sintesi dal saggista socialista statunitense Leo Huberman: i cecoslovacchi volevano democratizzare il sistema, volevano la libertà di parola e di stampa, come sempre e dappertutto “cosa assai preziosa e assolutamente necessaria ad una società sana”.
I portavoce di Breznev a Mosca deridevano queste libertà come ”borghesi”, ma “provate un po’ a vivere per un po’ di tempo in una società dove si ha paura di stampare ciò in cui si crede”! Inoltre nel paese c’era un regime “veramente terribile: burocratismo e supercentralizzazione portati sino agli eccessi più assurdi; spaventose violazioni delle libertà civili; arresti in massa, torture e confessioni truccate, privazione della libertà e della vita per un numero grandissimo di persone”.

Aleksander Dubček, diventato segretario del partito comunista cecoslovacco, innovatore, ma senza voler entrare in conflitto con la potenza egemone sovietica e la brezneviana teoria della sovranità limitata, sostenuto con entusiasmo da studenti, intellettuali e operai, introdusse elementi di pluralismo economico e politico. Era un comunista “integro e moderato”, preoccupato tanto dell’appoggio dell’apparato quanto dell’opinione pubblica, denunciò l’influsso del partito sulla società fatto con metodi di costrizione e dominio. Democrazia è diritto di esprimere la propria opinione e anche che essa venga presa in considerazione da parte del potere.
Il regime aveva tenuto i giovani all’oscuro della storia del paese, della resistenza antinazista, della rivolta slovacca, di Jan Masaryk protagonista dell’indipendenza; ora quel passato veniva recuperato e dava ai giovani conoscenza del temperamento nazionale ceco e slovacco, prudente, riflessivo e moderato.
Tutto questo fermento innovatore è la primavera di Praga e Dubček è l’uomo del comunismo “dal volto umano”. Il movimento di contestazione non diede luogo a nessun disordine o eccesso.
Ma era sgradito alla vecchia nomenclatura guidata dall’ex-presidente Novotny, che manovrò la propaganda di rischio di risveglio di forze antisocialiste, di paura nei burocrati di perdere i privilegi e di dover rendere conto dei loro atti illegali. Questi riponevano tutte le speranze nei sovietici, convinti che non avrebbero potuto tollerare il successo di revisione del regime, proprio quando nell’Urss riprendevano con vigore tentativi di contestazione, subito repressa.
Considerato il nuovo corso come una minaccia intollerabile alla saldezza del blocco dei paesi satelliti dell’Est, le truppe del patto di Varsavia entrano a Praga e i carri armati interrompono brutalmente la riforma. La drammatica vicenda dimostrò che per allora non era possibile democratizzare i regimi comunisti senza entrare in conflitto con lo Stato sovietico. I dirigenti “liberali” furono emarginati e poi allontanati, Dubček fu rimosso e impiegato in un umile lavoro.
La primavera del 1969 vide l’avvio della “normalizzazione” di cui furono vittime soprattutto gli intellettuali e tutti i protagonisti del nuovo corso. Con atto disperato ed estremo di protesta, nel gennaio 1969, lo studente Jan Palach fece rogo del suo corpo in piazza Venceslao a Praga, là dove “si acquattavano i soldati di Mosca”.
Forte l’emozione davanti alla targa che lo ricorda, quella che ha ispirato Francesco Guccini “Son come falchi quei carri appostati / corron parole sui visi arrossati/ corre il dolore bruciando ogni strada /e lancia grida ogni muro di Praga /quando la piazza fermò la sua vita / sudava sangue la folla ferita”, “dimmi chi era che il corpo portava / la città intera che lo accompagnava / la città intera che muta lanciava / una speranza nel cielo di Praga”.
Maria Luisa Simoncelli