Bruxelles. L’accordo raggiunto in extremis rischia di mantenere inalterata la “questione migranti”
Sui migranti le “conclusioni” del Consiglio europeo di Bruxelles del 28 giugno – definite alle 4 del mattino del giorno seguente – sono state scritte in un linguaggio tanto vago, carico di verbi al condizionale e di espressioni equivocamente interpretabili, da risultare di fatto un documento buono per tutti… e per nessuno. Infatti, nella mattina del 29 giugno, i vari capi di Stato e di governo ne davano una lettura differente, mentre i giornalisti cercavano di comprendere il reale significato di alcuni passaggi delle Conclusioni, contenenti i 12 punti del capitolo “Migrazione”.
Tanto è vero che ripartivano da Bruxelles con toni soddisfatti il presidente francese Macron, la cancelliera tedesca Merkel, il presidente del Consiglio italiano Conte. Così pure i leader dei Paesi Visegrad (Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia), quelli degli Stati scandinavi e dei baltici. Pollice alzato anche dai rappresentanti di Belgio e Paesi Bassi, Spagna e Grecia, Romania e Portogallo…
Da documento che dovrebbe mettere nero su bianco le decisioni assunte, le Conclusioni diventano così un esercizio di funambolismo e di ambiguità.
“L’Europa non si disgreghi sui valori”.
I corridoi umanitariOrganizzati da Sant’Egidio e Caritas: altri 139 profughi somali ed eritrei arrivati a Fiumicino
Inda Abdi non smette di ringraziare “il popolo italiano”: è scappata dalla Somalia con i suoi quattro bimbi per “cercare una vita migliore, per un futuro di libertà e di pace”.
Nebiat Gebre ha 41 anni; i suoi familiari sono morti, è sola e non trattiene le lacrime ripensando all’esodo durante il quale ha subito torture ed è stata imprigionata: dall’Eritrea al Sudan, fino alla Malesia, all’Uganda e al campo profughi al confine con l’Etiopia.
Ci sono bimbi che fanno le bolle di sapone, altri che giocano con i palloncini colorati.
Sono stanchi, ma sorridono e intonano in coro “W l’Italia”, sventolando delle bandierine, quando si spalancano le porte dell’aeroporto di Fiumicino: sono 139 profughi somali ed eritrei, 62 dei quali minori, 31 famiglie.
Donne con i piccoli in braccio (Emmanuel ha solo tre mesi), ragazzi disabili, anziani che saranno accolti in 22 diocesi del nostro Paese. Grazie all’Intesa con lo Stato firmato da Cei e Comunità di Sant’Egidio, salgono a 327 i rifugiati ospitati in Italia sui 500 previsti in due anni.
È capitato altre volte in passato ma questa volta c’è un tale margine di incertezza che si può pensare a una precisa tattica per evitare impegni e responsabilità sul fronte dell’immigrazione e dei migranti. Una semplice analisi del testo può confermarlo.
Dal numero 3 cominciano i condizionali: “Per quanto riguarda la rotta del Mediterraneo centrale, dovrebbero essere maggiormente intensificati gli sforzi per porre fine alle attività dei trafficanti dalla Libia o da altri Paesi”. Chi deve fare cosa? Con quali mezzi? Sulla base di quali linee? Sempre al punto 3 si afferma che “l’Ue resterà al fianco dell’Italia e degli altri Stati membri in prima linea a tale riguardo”. Il punto 5 è dedicato alla lotta a scafisti e trafficanti di esseri umani, per impedire la “tragica perdita di vite umane” nel mare, ma parla soltanto di “un nuovo approccio allo sbarco di chi viene salvato in operazioni di ricerca e soccorso”. Si parla anche di “piattaforme di sbarco regionali” ma riguardo ad esse il Consiglio invita solo a “esaminare rapidamente dove collocarle”.
Il capitolo 6 recita: “Nel territorio dell’Ue coloro che vengono salvati dovrebbero essere presi in carico sulla base di uno sforzo condiviso e trasferiti in centri sorvegliati istituiti negli Stati membri, unicamente su base volontaria; qui un trattamento rapido e sicuro consentirebbe, con il pieno sostegno dell’Ue, di distinguere i migranti irregolari, che saranno rimpatriati, dalle persone bisognose di protezione internazionale, cui si applicherebbe il principio di solidarietà”.
Resta impregiudicata la riforma di Dublino. Fortemente voluto dalla tedesca Merkel per salvare il suo governo dalle minacce dell’alleato bavarese, il ministro degli Interni Seehofer, il numero 11 recita: “Per quanto concerne la situazione all’interno dell’Ue, i movimenti secondari di richiedenti asilo tra Stati membri rischiano di compromettere l’integrità del sistema europeo comune di asilo e l’acquis di Schengen. Gli Stati membri dovrebbero [sic!] adottare tutte le misure legislative e amministrative interne necessarie per contrastare tali movimenti”.
A mettere una pietra tombale a una rapida ed efficace riforma delle norme per l’asilo dei migranti arriva il paragrafo 12, che aggira, fra l’altro, la regola del “Paese di primo approdo”: riguardo alla riforma per arrivare a un sistema europeo comune di asilo “è necessario trovare un consenso sul regolamento Dublino per riformarlo sulla base di un equilibrio tra responsabilità e solidarietà”. A questo proposito il Consiglio europeo, sottolineata “la necessità di trovare una soluzione rapida all’intero pacchetto”, rimanda però ancora una volta la discussione e la decisione alla riunione del prossimo mese di ottobre. (Agenzia Sir)