
Presentato a Pontremoli il libro di Gabriele Innocenti Gabrielli: divulgare il piacere per la conoscenza

In occasione della presentazione del libro Archimede. La misura del cerchio (proposizione III) a molti è sembrato di essere tornati sui banchi del liceo; per altri è come se si fosse aperta una finestra su un mondo per troppi anni nascosto dietro una tendina. Alcuni, infine, hanno colto l’occasione per confrontarsi con una materia ritenuta – a torto – troppo oltre le proprie capacità.
Un primo risultato il libro di Gabriele Innocenti Gabrielli l’ha subito ottenuto: riflettere sul pensiero e l’opera di uno dei più grandi scienziati dell’umanità e su una delle scienze più misteriose, quella dei numeri, e di quanto essa può farci scoprire.
Le Stanze del Teatro della Rosa erano affollate sabato pomeriggio, 14 luglio: con l’ingegnere pontremolese erano Angelo Angella e Andrea Baldini, impegnati rispettivamente l’uno nella presentazione delle figure dell’autore e dello scienziato e l’altro nell’inquadrare l’opera del “siracusano” e dell’ambiente nel quale operava. Ma è toccato a Gabriele Innocenti Gabrielli – giovane e stimato professionista, insegnante con una laurea in ingegneria aerospaziale al Politecnico di Milano – illustrare i contenuti del libro, a cominciare dal “perché” cimentarsi e proporre un tema non certo esente da difficoltà di comprensione.
“L’uomo ha bisogno di conoscere – ha esordito – per curiosità, per passione e per desiderio di condivisione. Il mio è quello di divulgare il piacere per la conoscenza e ho scelto Archimede perché è uno dei più grandi scienziati della storia”. Archimede è vissuto nel III sec. a.C. e le sue opere scritte su papiri sono andate perdute per sempre: l’autore ha lavorato sulle trascrizioni, in particolare su un’edizione del 1544, non esente da errori dei copisti.
La possibilità di accedere ai materiali messi a disposizione on line sulla rete dalle biblioteche ha messo in condizione Gabriele Innocenti Gabrielli di confrontare fonti ed approfondire un tema noto ai più ma altrettanto misterioso: quello del “p” greco, cioè quel rapporto che in un cerchio sta tra la circonferenza e il suo diametro. Un rapporto sempre uguale, qualunque sia l’area del cerchio.
Determinare quel valore “3,14” imparato a scuola non è stato semplice: il genio di Archimede ci spiega che la forma geometrica del cerchio si può approssimare a quella di un poligono al quale si aumenta progressivamente il numero dei lati. Per dimostrarlo ha lavorato con due poligoni: uno interno alla circonferenza (inscritto), l’altro esterno (circoscritto).
Qui la parte semplice finisce e cominciano i calcoli, attraverso i quali l’autore ci conduce nel libro, pagina dopo pagina: non è una lettura alla quale avvicinarsi con superficialità, ma quell’impegno che richiede viene ripagato con gli interessi.
È un mondo che si apre al lettore ignaro di quanto si celi dietro numeri e figure geometriche. E poi è tema che Archimede ha studiato più di due millenni fa, ma che ancora oggi è attuale: il “p” greco, infatti, non è un numero che finisce con quelle due cifre decimali dopo il “3”: fino ad ora ne sono state calcolate circa 13.300 miliardi. E il calcolo continua!
(p.biss.)