“L’arcipelago di una vita”: la Siberia di Andreï Makine

21Libro_ArcipelagoAvevo incontrato per la prima volta Andreï Makine – nato in Siberia, ma in Francia da sempre – con “Il testamento francese” romanzo che gli ha permesso di vincere nel 1995 sia il Premio Goncourt che quello Medicis. In effetti era un libro importante e da allora per quanto lo abbiano pubblicato in Italia ho cercato di tenermi aggiornato.
Oggi vi è di nuovo l’opportunità con questo “L’arcipelago della nuova vita” (La nave di Teseo, pagg. 235 euro 20). Un giovane uomo russo viene spedito in qualità di agrimensore nella taiga profonda e in un piccolo aeroporto nel quale ha fatto scalo segue incuriosito un uomo più anziano all’interno di una foresta e viene da questo catturato perchè lo stesso, sospettoso, si sente minacciato.
Appurata la sincera curiosità del giovane, gli racconterà una storia che è la sostanza del romanzo. Pavel Gartsev (l’uomo misterioso e seguito) è nato e cresciuto nella Russia di Stalin, ha un passato di solitudine e abbandono; orfano e poi soldato ancora giovanissimo ha vissuto la violenza della seconda guerra mondiale. Alla fine della stessa come reduce ha accesso all’università e progetta una vita normale trovandosi anche una ragazza, Sveta, per un futuro finalmente di pace, ma siamo nel 1952 in piena guerra fredda e verrà richiamato con destinazione Siberia.
Il luogo del suo nuovo addestramento confina con un campo di prigionia da cui qualcuno è riuscito a fuggire e Pavel si trova con altri quattro uomini ed un cane ad essere inserito nel gruppo che deve rintracciare e catturare o addirittura uccidere il fuggiasco. Il gruppo è sotto il comando di Butov (anziano militare di carriera) con la sovrintendenza di un responsabile della sicurezza militare (di nome Luskass, in pratica un commissario politico) vi è inoltre un fanatico di nome Ratinski, il sergente anziano Vassin per la cura del cane (molosso) Almaz ed infine Pavel.
Chi fugge mostra una diabolica capacità di sottrarsi alle ricerche, pur essendo più volte sul punto di essere raggiunto non solo riuscirà a non farsi catturare ma farà in modo di provocare incidenti che renderanno necessario il ritorno al campo feriti e frustrati quattro dei cinque soldati. Solo Pavel riuscirà a raggiungerlo per essere salvato dall’inseguito che si era rivelato già da tempo molto diverso da come gli inseguitori lo avevano immaginato. Gli viene addirittura proposto di proseguire la fuga insieme verso un improbabile obiettivo ma Pavel decide di tornare al campo fingendo di aver compiuto la missione.
Mal gliene incoglie perchè al rientro viene arrestato e deve questa volta essere lui a fuggire non senza aver considerato come il mondo al quale credeva di appartenere sia il contrario di quel che sperava. Il romanzo si chiude molti anni dopo (nel 2003) quando l’ex giovane agrimensore tornerà nella taiga alla ricerca della sorte dei due fuggiaschi.
Appassionato e coinvolgente può essere considerato una storia di seduzione: il fuggiasco che lascia avvicinare gli inseguitori per eliminarli uno alla volta prima di farsi vedere da Pavel ed indurlo a seguirlo con toni del racconto e situazioni che non possono non far venire alla mente il “cuore di tenebra” di Conrad (anche nella versione di Coppola in “Apocalypse Now”).
La collocazione storica degli eventi ripropone l’insensatezza eterna dei comportamenti umani, le tragedie determinate dal desiderio di prevalere attraverso quella politica che troppo spesso si tramuta in guerra con l’unica possibile ancora del prevalere dei sentimenti (d’amore).

Ariodante Roberto Petacco