Il 22 maggio 1978 è approvata la legge sull’aborto

Celebrata come conquista di libertà civile, va contro la difesa della vita

21manifestazione_Legge_Aborto1Negli anni Sessanta del secolo corso nuove leggi a garanzia di diritti del lavoro e della persona furono approvate in Italia in numero notevole, tra queste alcune in conflitto con la coscienza etica e i fondamenti culturali di tanti cittadini cattolici e laici; due in particolare crearono spaccature insanabili all’interno della società: una fu quella sul divorzio in contrasto con il matrimonio cattolico, sacramento indissolubile, approvata il primo dicembre 1970 e riconfermata dopo la sconfitta del referendum abrogativo del 1974; l’altra è la legge 194 approvata il 22 maggio 1978, che legalizza l’aborto, o meglio, l’interruzione volontaria della gravidanza nei primi tre mesi di gestazione (lascia a medici e anestesisti l’obiezione di coscienza).

Il percorso in Parlamento

21manifestazione_Legge_AbortoLa discussione della legge sull’interruzione volontaria di gravidanza, di fatto, nell’estate del 1976 aveva aperto la VII legislatura, quella che sarebbe passata alla storia per il compromesso storico tra DC e PCI, la “solidarità nazionale” caratterizzata dai tre governi Andreotti e segnata da rapimento e omicidio di Aldo Moro. Alla Camera, presieduta dal comunista Pietro Ingrao, della legge si parla già nell’anno inaugurale, ma il percorso in commissione è lungo e ripetute sono le revisioni dei testi sia alla Camera che al Senato e per l’approvazione finale sarebbe servito un anno e mezzo di legislatura.
Dopo un primo dibattito tra i partiti e nella società, il disegno di legge fu presentato il 9 giugno 1977: “Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza”; primo firmatario fu il deputato socialista Vincenzo Balzamo; relatori di maggioranza furono Giovanni Berlinguer (PCI) e Antonio Del Pennino (PRI); relatore di minoranza Pino Rauti (MSI) al quale, poche settimane prima del voto finale, si aggiunsero Giuseppe Gargani e Bruno Orsini per la DC.
La discussione in commissione Sanità occupò tutta l’ultima parte del 1977: un percorso tutto sommato veloce, che tuttavia si arrestò nel passaggio all’aula dove arrivò solo all’inizio di aprile del 1978. Alla Camera il dibattito fu acceso e febbrile il lavoro dietro le quinte per mettere a punto un testo definitivo in grado di raccogliere voti sufficienti all’approvazione. Le polemiche raggiunsero livelli tali da trasformarsi in scontro: il PCI percorse la strada di un testo concordato scontentando partiti e movimenti alla sua sinistra che criticarono la norma che si stava delineando come punitiva per le donne, sottoposte a condizionamenti ritenuti eccessivi che sottraggono loro la libertà di scelta.
La Democrazia Cristiana si schierò contro il testo della proposta di legge che, alla vigilia del voto, non sembrava potesse avere i voti necessari. Ma il fronte del no non è compatto e defezioni si registrano probabilmente anche nella DC. Gli scrutini segreti portano sorprese: alla Camera una trentina di deputati scelgono il “sì” e la legge viene approvata con 308 voti a favore e 275 contrari; poche settimane dopo al Senato si registra lo stesso risultato: 160 sì contro 148 no. Il testo divenne legge ma il dibattito continuò fino al referundum e oltre.

Un referendum abrogativo del 1981 diede la maggioranza ai favorevoli all’aborto con oltre il 70%. Il dibattito pro e contro fu accanito e gli abortisti, per primi i radicali, fecero una propaganda martellante ed esagerata gonfiando i dati degli aborti clandestini, dei decessi delle donne, uscirono molti libri e riviste e sfilarono molti cortei, l’eco era giunta anche nel nostro territorio dove era attivo il collettivo femminista lunigianese.
Un clima di contestazione in tutto il mondo era partito dal sessantotto con gli studenti che denunciavano i mali della modernità capitalistica, con la classe operaia in sciopero, con l’impegno per portare pace in Vietnam e altri luoghi di guerra.
Il ’68 fu un movimento di trasgressione delle regole formali, delle pratiche burocratiche, dei riti e dei miti, ma rimasero grandi i problemi irrisolti e venne il terrorismo nero e rosso. In questo contesto è approvata la legge 194, denominata interruzione volontaria di gravidanza per motivi di salute fisica o psichica, economici, sociali, fatta con intervento chirurgico o farmacologico: è l’aborto, dichiarato non punibile dalla Corte Costituzionale nel 1975, celebrato come una conquista di libertà civile dal femminismo movimento che, per altro, ha il merito di aver favorito il nuovo diritto di famiglia, la piena personalità giuridica della donna e l’abolizione del delitto d’onore.
Erano in atto molti processi sotterranei nella donna che non voleva più essere definita in rapporto all’uomo. Si diffondevano le convivenze prematrimoniali, ma nulla di quel che riguarda i nuovi costumi di vita può giustificare l’aborto. Esiste una verità etimologica delle parole: aborto significa uccidere una vita dopo la sua nascita (dal latino “orior” = nascere, così è oriente il punto del sole nascente).
Pur comprendendo i tormenti e i rischi di situazioni difficili in cui si può trovare la donna, l’aborto non è accettabile, è sopruso su un essere già vivente, che si svilupperà secondo le leggi della natura, per un credente dettate da Dio. Chiari i documenti ufficiali della Chiesa. Nel 1968 l’enciclica “Humanae vitae” di Paolo VI sulla regolazione della natalità richiede nell’amore coniugale una “missione di paternità responsabile” da esercitare secondo leggi biologiche e con la decisione “di evitare temporaneamente una nuova nascita”, afferma che “è assolutamente da escludere , come via lecita per la regolazione delle nascite, soprattutto l’aborto direttamente voluto e procurato, anche per ragioni terapeutiche”.
Il futuro papa Ratzinger scriveva che “fin dalla fecondazione è iniziata l’avventura di una nuova vita e si è già costituita l’identità biologica di un nuovo individuo umano”, a cui si devono riconoscere i diritti della persona e i vocaboli zigote, embrione, feto sono stadi successivi dello sviluppo per proprio conto di un nuovo essere.
Per lo storico Pietro Scoppola la legge 194 interpreta “la volontà della maggioranza degli italiani di non essere inquietati da problemi morali e di principio”, espressione del “vuoto etico” dei processi di secolarizzazione del paese.
Pasolini osserva che “i valori positivi dei ceti medi radicalmente e antropologicamente cambiati sono diventati quelli dell’ideologia edonistica del consumismo”.Per il fatto di essere legalizzato, non per questo “l’aborto cessa di essere una colpa”,è frutto di “una laicizzazione senza valori”.

Maria Luisa Simoncelli