Il Papa e la bioetica: oltre gli stereotipi

Papa_FrancescoSoffre di un male subdolo il sistema dei mass media italiani: la costruzione di stereotipi. Frutto della superficialità e della scarsa professionalità di redazioni ben poco interessate alla qualità dell’informazione, ma anche condizionate dal voler addomesticare i fatti alla linea editoriale o cavalcare sentimenti e umori popolari. La costruzione di stereotipi poggia sul collaudato schema del buono/cattivo o del bene/male; è perseguita tramite campagne mediatiche e interventi di opinionisti spesso autoreferenziali; riguarda la politica, lo sport, la cronaca nera, i fatti di costume, i temi sociali.
Anche i vescovi e i papi non sfuggono a questo cliché. Attorno a Francesco è stato costruito quello del Papa popolare, progressista, in sintonia con la società di oggi, diretto, ben lontano dalle prassi del resto della comunità ecclesiale, la cui complessa varietà è malamente riassunta nel dipinto di un mondo chiuso, oscurantista, conservatore, financo ipocrita.
La settimana scorsa, Francesco, in un messaggio indirizzato ai partecipanti ad un convegno organizzato dalla Pontificia Accademia per la Vita, riprendendo un discorso di Pio XII del 1957 ha affermato che “non c’è obbligo di impiegare sempre tutti i mezzi terapeutici potenzialmente disponibili e che, in casi ben determinati, è lecito astenersene”; ha ribadito, citando la Dichiarazione sull’eutanasia del 1980 della Congregazione per la Dottrina della fede, la necessità di adottare un criterio etico di “proporzionalità della cura”; infine, richiamando il Catechismo della Chiesa cattolica, ha confermato la linea etica della rinuncia all’accanimento terapeutico, una condotta con la quale “non si vuole procurare la morte: si accetta di non poterla impedire”. Per quasi tutti i mass media italiani è stata “la svolta del Papa” o “Papa Francesco avanti anni luce rispetto al Parlamento” (la legge sul biotestamento è qui bloccata da oltre un decennio).
Svolta, apertura: parole usate già decine di volte nel corso del suo pontificato, buone per alimentare uno stereotipo ma incapaci di cogliere l’essenza del messaggio: di fronte ai progressi della medicina, osserva il Papa, “è più insidiosa la tentazione di insistere con trattamenti che producono potenti effetti sul corpo, ma talora non giovano al bene integrale della persona”. Serve pertanto “un supplemento di saggezza” per affrontare tali questioni.
Non cambia dunque la dottrina, contrariamente alla vulgata di tv e giornali. Cambia piuttosto l’approccio al problema: ciò che conta non è fissare confini, stabilire regole, contrapporsi a dei nemici – in sintesi: enunciare principi non negoziabili – bensì mettere al centro la persona, la sua sofferenza, il suo discernimento, accompagnati da un medico capace di farsi prossimo e non solo di applicare rigidi protocolli.

Davide Tondani