
Vane le altre contestazioni avanzate dai vari avversari politici.
L’impreparazione di molti amministratori grillini è evidente, ma le elezioni mostrano che la scarsa esperienza viene percepita come più accettabile dell’autoreferenzialità
Ci sono quattro aspetti su cui gli avversari del M5S stanno cercando di mettere in difficoltà il movimento di Beppe Grillo: sottolineare l’incompetenza della sua classe politica e amministrativa; praticare un controllo ferreo sulla coerenza tra dichiarazioni e fatti concreti; evidenziare l’assenza di democrazia interna; mettere in luce la poca integrità morale di alcuni suoi membri.
Nonostante tale fuoco di sbarramento, i grillini non arretrano nei sondaggi. La strategia di comunicazione politica attuata a loro danno da avversari e mass-media non funziona.
Perché? L’impreparazione e l’improvvisazione di molti amministratori grillini è evidente, ma i risultati delle elezioni mostrano sempre di più che la scarsa esperienza viene percepita come più accettabile della autoreferenzialità talvolta mostrata dalla classe dirigente locale degli altri partiti. Il controllo di coerenza tra promesse e fatti potrebbe essere efficace se ad esercitarlo non fossero i partiti che hanno promesso “un milione di posti di lavoro” o “mille asili in mille giorni”: un elettorato arrabbiato per le mancate risposte alla crisi sociale trova evidentemente pretestuose le minuziose “radiografie” ad ogni passo falso degli esponenti grillini. L’assenza di democrazia interna dei 5 Stelle è sotto gli occhi di tutti, a maggior ragione in questi giorni di primarie-farsa.
Ma in questo, gli italiani evidentemente non intravedono una grande differenza da altri partiti personali, già largamente accettati e votati o con forme di personalizzazione che stanno mutando il dna di partiti di matrice “tradizionale”. Infine, sull’integrità morale, è giusto fare le pulci a chi ostenta il motto “onestà!” ma, da parte dei cittadini, a partiti con condannati, rinviati a giudizio o indagati per reati gravi (magari salvati dall’arresto con il voto segreto sull’immunità parlamentare) non viene riconosciuta l’autorevolezza per contestare la candidatura di indagati per diffamazione.
Chi vuole sottrarre consenso all’onda della protesta che favorisce M5S dovrebbe piuttosto evidenziare la mancanza di un programma che interpreti un’idea di società italiana del futuro e che indichi una rotta per uscire dalla crisi economica e sociale del Paese. Il vuoto di proposte grilline è evidente, malcelato dietro il velo di demagogia di proposte semplicistiche su immigrazione, legalità, Europa, politiche economiche e relazioni internazionali.
Demonizzare il M5S anziché attaccarlo su un programma che non esiste è la strada migliore per partiti, che sul piano programmatico scontano la fedele esecuzione, negli ultimi sei anni, dell’austerity, delle riforme impopolari, i compiti a casa di stampo liberista voluti dalla politica europea. Senza programmi innovativi e coraggiosi, per i concorrenti dei grillini la campagna elettorale sarà tutta in salita, nonostante i limiti evidenti dell’avversario.
…ma quale candidato premier?
A rendere ancora più incerta l’imminente campagna elettorale – e soprattutto i suoi esiti in termini di governo – è la discussione attorno alla legge elettorale. Il presidente della Repubblica ha richiamato ripetutamente all’impegno di armonizzare i sistemi elettorali delle due camere, risultanti dalle modifiche apportate dalla Corte Costituzionale: nel 2014 sull’intero impianto di voto e nel 2017 sulla riforma del voto della Camera. Il sistema attuale sembra stare bene, per motivi diversi, a quasi tutte le forze parlamentari, ad esclusione del PD, preso dalla necessità di arginare l’attivismo alla propria sinistra. Quindi, salvo miracolose intese, si andrà a votare con il proporzionale e come accadeva fino al 1992, sarà compito del Capo dello Stato fare sintesi dei risultati elettorali e incaricare un presidente del Consiglio non necessariamente leader di partito o di coalizione, come avvenuto dal 1994 al 2008. Se questo è lo scenario, alle primarie-farsa del M5S si aggiunge un ulteriore elemento negativo: l’ostinazione a dichiarare Luigi Di Maio (nella foto) “candidato premier”. È chiaro a tutti che con il proporzionale, a maggiore ragione in partiti che rifiutano aprioristicamente alleanze, non vi è nessun candidato premier, al limite un leader politico.
Davide Tondani