
Domenica 10 settembre, XXIII del tempo ordinario
(Ez 33,1.7-9; Rm 13,8-10; Mt 18,15-20)
Gesù spiega ai discepoli: “Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello”. Sono poche parole, ma non sono di comprensione né semplice, né immediata.
Nei secoli il Cristianesimo è stato accusato spesso (tra le altre cose) di essere “diseducativo”, di promuovere uno stile di vita scorretto e pericoloso. A una lettura distratta, questo passo, tolto dal contesto, potrebbe suggerirci un Gesù che istiga all’omertà, al “lavarsi i panni sporchi in casa”, ma non è così.
Ciò che Gesù chiede è mantenere (o ritrovare) il senso della misura, e ciò diventa chiaro al leggere le frasi successive: “se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità”. Specialmente oggi, in particolare nei nuovi mezzi di comunicazione di massa, è marcata la tendenza al prendere la vita in maniera estremamente “urlata”, lamentandosi, e denunciando pubblicamente qualsiasi cosa noi consideriamo un torto, invocando a gran voce l’intervento dell’autorità, per sanare le nostre presunte “profonde” ferite.
Non accettiamo di confrontarci a livello personale con l’altro, il che non vuol dire solo di persona, ma anche in maniera privata, in modo da comprendere le sue eventuali ragioni, senza che la folla gli impedisca di esprimersi. No, tutto deve essere pubblico, e davanti agli occhi di tutti.
Ma non ci rendiamo conto che un confronto del genere non fa crescere né noi né l’altro, ma serve solo a far valere, e ribadire, l’opinione indiscutibile della maggioranza. Gesù vuole che si mantenga un contatto tra i singoli individui, qualcosa che non debba passare per forza dalla comunità tutta, che esista anche un livello personale nelle relazioni, per il bene nostro, e anche dei nostri fratelli.
Ma attenzione, è la relazione tra individui ciò che ci fa crescere e ci avvicina a Dio, non l’esperienza di singoli: “Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro”. Nessuno cresce da solo, e nessuno può raggiungere Dio da solo. A questo serve il rapporto con gli altri come singole persone, a vedere in ciascuno di loro il Dio che non possiamo vedere in noi stessi.
Pierantonio e Davide Furfori