Responsabilità e prospettive per la ripresa del lavoro

lavoro_alcoaIn vista della 48ª Settimana Sociale dei Cattolici Italiani, che si svolgerà a Cagliari sul tema “Il lavoro che vogliamo. Libero, creativo, partecipativo, solidale” – un appuntamento che può apparire lontano, ma che tale non è, essendo in programma dal 26 al 29 del prossimo mese di ottobre – si stanno susseguendo gli interventi che propongono riflessioni su quell’argomento.
Di fronte ad uno spaesamento che, senza temere di usare un’espressione esagerata, può essere definito totale, alcuni punti fermi possono essere comunque definiti senza timore di sbagliare. Intanto, la vera e propria rivoluzione che ha coinvolto il mondo del lavoro nel suo insieme: a partire dalla globalizzazione, passando per la crisi economica mondiale, per giungere alla cosiddetta quarta rivoluzione industriale, che punta su di un’applicazione a tutto campo del digitale nei processi lavorativi. In pochi decenni, poi, sono stati spazzati via alcuni totem che caratterizzavano il panorama sociale fino a 30-40 anni fa: ideologie, partiti, sindacati, mondo operaio.
Il concetto del “posto fisso”, principio basilare di quell’epoca, è ora paragonabile a una parolaccia da non pronunciare di fronte a un bambino: ciò che si propone ai lavoratori è il cambiamento, il “riciclaggio”, la formazione permanente.
Tutti concetti che potrebbero anche andar bene in un contesto in cui, a fronte della perdita di una occupazione, si prospettasse un ventaglio di alternative. Governanti e politici sono i primi ad essere chiamati in causa per rimuovere gli ostacoli alla creazione di nuove opportunità di lavoro. In tal senso l’Italia presenta una lista di ritardi di cui aver vergogna: dalla burocrazia alla giustizia civile, alla tassazione, al costo dell’energia e chi più ne ha più ne metta!
Tutti temi di cui si sente parlare da secoli, verrebbe da dire, senza che si siano fatti passi in avanti significativi. Ci sono, poi, i principi ai quali ispirarsi per cambiare rotta: il lavoratore inteso come risorsa; imprenditori capaci di investire nel futuro e non solo di speculare sul presente; un sindacato che guardi di più a chi è in età da lavoro e meno ai privilegi acquisiti.
Ad essere chiamata in causa è anche la scuola, incapace di preparare i giovani ai lavori emergenti. Il lavoro, sintetizza Francesco Occhetta in un articolo pubblicato da Agenzia SIR, “è afflitto da 7 grandi mali: investimenti senza progettualità; finanza senza responsabilità; tenore di vita senza sobrietà; efficienza tecnica senza coscienza (principi); politica senza società; rendite senza ridistribuzione; crescita senza occupazione. Il cambiamento possibile richiede di sostituire i ‘senza’ con altrettanti ‘con’!
Nel farlo occorre recuperare lo spirito di sacrificio che ha ricostruito il Paese nei primi trent’anni dal dopoguerra”.

Antonio Ricci