Morire in carcere. La vicenda di Totò Riina

Strage_CapaciA dividere gli italiani ora è Totò Riina, condannato a più ergastoli per moltissimi omicidi, ancora capo operativo della mafia.
La Corte di Cassazione si è espressa per un’eventuale sua scarcerazione o gli arresti domiciliari, essendo malato in fase terminale, in base al principio che “tutti hanno diritto a una morte dignitosa”. Nessuno nega una sacralità e dignità della morte, da accompagnare col massimo rispetto e assistenza umana e medica. Morire in carcere non è lesivo della dignità del condannato.
Come osserva Rosy Bindi, presidente della Commissione Parlamentare Antimafia, Riina nel carcere di Parma “ha a disposizione strutture sanitarie d’eccellenza ed è assolutamente garantita la dignità della sua persona per la fase che sta attraversando”, secondo il canone della legalità dello Stato.
Queste le situazioni oggettive: anche da intercettazioni e inchieste recenti risulta che il boss di Corleone ancora ordina azioni criminali ai suoi adepti, soprattutto in famiglia, tutti i suoi figli non si sono dissociati, sono stati condannati, si sono perfino esibiti in tv.
Abbiamo appena ricordato alla presenza di giovani studenti la morte dei magistrati Falcone e Borsellino fra i molti fatti assassinare da Riina con tanto di brindisi di esultanza e senza mai dirsi pentito del male fatto: scarcerarlo sarebbe un’offesa alle vittime e ai loro familiari oltre che un cedimento dello Stato.
Portando la riflessione ad alcuni condivisi valori culturali, maturati nel percorso della civiltà classica e cristiana, ricaviamo il superamento della vendetta privata, l’educazione alla pietas dei Greci e dei Romani, alla misericordia esaltata da Sant’Agostino, ma non sono valori senza un prezzo. Avere benevolenza verso l’altro richiede un impegno tra le due parti: l’Enea di Virgilio è pius, sorregge il padre, dà compimento a grandi doveri ma anche gli dei lo aiutano in reciprocità. La misericordia cristiana non prescinde dalle responsabilità, è conversione del cuore, è fare pace nella giustizia.
Dio ha creato l’uomo libero: su questo valore si fonda ogni azione morale e pertanto fu giusto cacciare Adamo ed Eva dall’Eden, come giusta è la pena dell’Inferno per chi ha scelto il male e non si è pentito, mentre poteva fare il bene.
Riina non era obbligato a diventare mafioso, lo ha voluto.

Maria Luisa Simoncelli