Con la vittoria di Macron un po’ di respiro per l’Europa Unita

Elezioni. La Francia ha scelto e si scopre desiderosa di centro

MacronLa vittoria di Emmanuel Macron ha fatto tirare un sospiro di sollievo alla Francia e all’Europa. Col suo movimento “En Marche” ha scalato in meno di un anno i vertici della politica transalpina. La sua vittoria è stata la vittoria sui vari estremismi che cavalcavano, come spesso accade anche dalle nostre parti, tutti i disagi del Paese, ma soprattutto, come nel caso del “Front National” e di Marine Le Pen, il nazionalismo più becero, attraverso un programma inquietante fondato su esclusione e divisione.

Da ministro di Hollande
a leader di “En Marche”

Emmanuel Jean-Michel Frédéric Macron è nato ad Amiens. Ha studiato nel Lycée La Providence dei Gesuiti di quella città ed ha terminato gli studi al Lycée Henri-IV a Parigi dove ha completato anche il percorso universitario. Ha studiato Filosofia all’Università di Parigi-Ouest Nanterre La Défense e si è formato all’Istituto di Studi politici di Parigi e all’École nationale d’administration (Ena). Ha lavorato come ispettore delle finanze e come funzionario nella banca d’affari Rothschild & Co. È stato consigliere del presidente socialista François Hollande e nel 2014 ha ricevuto l’incarico di ministro dell’Economia, dell’Industria e del Digitale nel secondo governo di Manuel Valls, nominato sempre da Hollande. Nel 2015 si è dichiarato non più iscritto al Partito Socialista e quindi indipendente. Nel 2016 si è dimesso dall’incarico in vista di una candidatura alle presidenziali, poi ufficializzata nel mese di novembre dello stesso anno come leader del movimento politico “En Marche”.

Non tutto è andato liscio e il quadro che emerge pone sicuramente molti interrogativi. Sembra non vi siano dubbi sulle capacità del nuovo presidente, il più giovane che la Francia abbia mai avuto, ma non sono ben definiti il suo programma e la sua linea: quello che si sa è che dei vari candidati era l’unico veramente europeista e su questo ha basato la sua campagna. Ma era anche l’unico a proporre una visione positiva e, in un certo senso, ottimistica della realtà francese.
Sono stati battuti i profeti di sventura e ha vinto la voglia di dare una scossa, di uscire dall’immobilismo del passato. Il mondo politico francese esce dalla competizione del tutto rivoluzionato. I partiti tradizionali sono stati fatti a pezzi, ed è scomparsa la scelta tra destra e sinistra che ha sempre contrassegnato la battaglia elettorale.
Oggi ci sono nuovi scenari: si conosce il mondo di Marine Le Pen e per questo i francesi lo hanno rifiutato, ma resta un’incognita la realizzazione del “sogno” di Macron. Al primo turno era risultato il primo col 24% di preferenze, seguito dalla Le Pen col 21,3%. Nel ballottaggio i risultati definitivi danno a Emmanuel Macron il 66,1% dei voti e a Marine Le Pen il 33,9%. In termini assoluti, significa che 20 milioni di elettori hanno dato fiducia al leader di “En Marche” e 10 milioni al Front National.
Ma non bisogna dimenticare che l’astensione ha segnato il record storico con il 25,44% dei francesi che non è andato a votare, 3 milioni hanno votato scheda bianca e 1 milione sono i voti nulli. Questo significa che il Paese è estremamente diviso, che i simpatizzanti del catastrofismo, del pessimismo, dell’ostilità verso il diverso sono molti. Le schede nulle e le schede bianche dicono di una grande difficoltà nella scelta e che molti hanno votato Macron soltanto per non votare la Le Pen.
Quale sarà il seguito reale del nuovo presidente si saprà subito dopo le elezioni politiche del prossimo giugno quando la Francia sarà chiamata ad eleggere il nuovo Parlamento. C’è da aspettarsi una nuova campagna al fulmicotone perché gli sconfitti del ballottaggio vorranno dimostrare di essere ancora vivi. C’è il rischio abbastanza prevedibile che non si riesca ad avere maggioranze sicure e che si debba andare incontro a una stagione di alleanze tra partiti che in Francia non si è mai verificata e difficile da realizzare anche per le posizioni politiche così radicali. Durante la campagna elettorale, i candidati estremisti hanno ripetuto senza sosta i temi del “tutto va male”, raccontando una Francia perdente, che esce dalla storia, che ha paura di tutto e di tutti. C’è da vedere se continueranno su questa linea o se cercheranno di offrire spiragli meno catastrofisti visto il risultato di Macron che ha fatto leva sulla volontà di rinascita e sulla forza dell’ottimismo.
Dopo la Brexit e l’elezione di Donald Trump negli Stati Uniti molti erano pessimisti sul futuro dell’Unione Europea. Oggi la Francia, che è sulla linea delle elezioni in Austria e nei Paesi Bassi, porta un po’ di linfa e di ottimismo per un futuro sì contrastato, ma non privo di sviluppo.

Giovanni Barbieri