22 gennaio: terza domenica del tempo ordinario
(Is 8,23-9,3 – Sal 26 – 1Cor 1,10-13.17 – Mt 4,12-23)
Gesù non s’impone: quando Giovanni è ucciso in Giudea, per non esporsi inutilmente all’odio dei suoi avversari, si ritira in Galilea, e si tiene lontano dalla sua città di adozione, Nazareth.
La Galilea è nel nord dell’attuale Israele. Allora era popolata da pagani, venuti ad occupare i territori lasciati liberi quando gli israeliti erano stati deportati. Molti di loro avevano aderito alla religione ebraica, ma erano visti con diffidenza e disprezzo dai giudei, che si consideravano più puri di loro. In effetti era un popolo refrattario e di tendenza paganeggiante.
Sorprendentemente è proprio in questa nazione avversa e vagamente ostile che il Figlio fa il primo annuncio: “Convertitevi e credete al vangelo”. È un messaggio perentorio, radicale, che pone condizioni, ci dice che non sarà mai possibile avere fede e stabilità se innanzitutto non ci si converte, non si cambiano punti di vista personali, mutando i nostri orientamenti secondo Dio.
E proprio qui, in queste lande disprezzate e poco amichevoli, decide di selezionare i suoi collaboratori, e li sceglie tra i pescatori, per definizione poco scolarizzati, e provvisti di un accento dialettale così manifesto che, a Gerusalemme, tutti li riconosceranno come galilei, cioè provenienti da una terra considerata pagana. Apparentemente non sono per nulla idonei a diffondere il suo messaggio.
Se fossimo stati chiamati a sceglierli noi, difficilmente avremmo fatto la stessa scelta. Umanamente, realisticamente, per realizzare un progetto importante, avremmo cercato di selezionare collaboratori qualificati e prestigiosi, dotati di curriculum altisonanti, per fare bella figura.
Lui non fa così; li incontra sulle rive del lago e dice loro: “Seguitemi, vi farò pescatori di uomini”. Si comincia ad intravedere quale è il cambiamento di mentalità al quale siamo invitati: non dobbiamo più lavorare per il nostro tornaconto, ma per il bene degli altri, non più per raccogliere considerazione, rispetto, o onore, ma per servire le persone.
Seguire Cristo non richiede qualità particolari, non è una scelta di élite: basta essere pronti a camminare verso la luce, a servizio degli uomini e non più dei nostri piccoli comodi. “Seguitemi”. Il nostro Dio è un Dio di strada, che va avanti, non è statico. Abbandonare i nostri preconcetti, vagliare i nostri valori alla luce della vita, sempre nuova, sorprendente, mai scontata.
La reazione istintiva all’ingiustizia e alla violenza in cui siamo immersi, anche grazie ad un sistema mediatico superficiale, emotivo, e tendente all’isteria, è quella di lasciarci coinvolgere dagli stessi meccanismi, contrapponendoci con violenza, oppure abbattendoci passivamente, con conseguente rinuncia alla giusta rivendicazione. Invece l’indicazione di Gesù è molto chiara: ogni volta che il male sembra prevalere, dobbiamo accendere una luce.
Più l’ingiustizia diventa grande, più le tenebre si espandono, più la luce deve risplendere, più l’impegno di fraternità, di condivisione, di trasparenza di vita deve esprimersi nella nostra vita.
Pierantonio e Davide Furfori