Venezuela: Maduro sferra un forte attacco alla democrazia

Nel Paese sudamericano dopo le elezioni di domenica scorsa contestate dalle opposizioni

venezuelaSembrava finita la lunga stagione dei dittatori sudamericani che hanno oppresso i loro popoli per quasi due secoli non senza il favore degli Stati Uniti fedeli alla politica di considerare l’America Latina il loro “cortile di casa”. Nel XX secolo alcuni governi democratici si sono affermati nel subcontinente. Così è stato in Venezuela ricco di petrolio.
Anche dall’Italia emigrarono in molti a cercarvi lavoro, quando si aprì un tempo di legalità istituzionale con l’alternarsi al potere dei partiti socialdemocratico e cristiano sociale, entrambi moderati. Fu varato un piano di riassetto economico impostato sulla privatizzazione e la stabilità monetaria.
Arrivò poi la presidenza di Hugo Chavez, un demagogo con carisma, gradito agli USA che gli comprano molto petrolio; fu un ritorno a modi dittatoriali insieme a politiche economiche incentrate sulle classi sociali più povere. La sua linea nazionalistica e isolazionista allontanò i capitali stranieri; errore grave, come al solito, non aver diversificato l’economia, la monocoltura del petrolio è stata catastrofica quando è crollato il prezzo nella grande crisi attuale.
Morto Chavez nel 2013, gli succede Nicolas Maduro, con una risicata maggioranza, contro il liberale Henrique Capriles ancora oggi il suo maggior oppositore. Maduro vuole farsi dittatore e ha indetto elezioni per dare una nuova Costituzione alla Repubblica Bolivariana di Venezuela, contro la volontà del Parlamento, eletto regolarmente nel 2014, dove c’è una maggioranza formata dalle forze di opposizione. Le elezioni tenute domenica scorsa hanno creato un’Assemblea Costituente che, con 545 membri a tempo indeterminato, concentrerà tutto il potere legislativo in mano a Maduro e gli prolungherà il mandato in scadenza nel 2019. I risultati veri sono molto contrastanti: gli astenuti per l’opposizione sarebbero l’88%, per le fonti ufficiali invece avrebbe votato il 41% tra le fasce più povere che sperano ancora nel sogno chavista.
L’opposizione, divisa in 22 sigle – un fatto, questo, che la indebolisce – da febbraio si è mobilitata con forza contro la crisi economica, la spaventosa inflazione, la mancanza di cibo e farmaci, la corruzione: le vittime sono già più di 120, molti i detenuti e torturati. A nulla è valso l’appello a non modificare l’ordinamento istituzionale. La Chiesa ha cercato invano vie pacifiche e democratiche per porre fine alla “brutale repressione e tendenze autoritarie”.
Maduro è di fatto un dittatore, ha subito fatto incarcerare dalla sua polizia politica due capi dell’opposizione, arresto inaccettabile per l’Italia. Le reazioni a questo duro colpo alla democrazia sono a grande maggioranza di condanna. Il governo italiano non riconosce l’esito delle elezioni, l’Ue denuncia gli arresti ingiustificati e la violazione costante dei diritti umani, gli Stati Uniti minacciano sanzioni economiche. Russia, Cuba, Bolivia, El Salvador, Nicaragua hanno invece riconosciuto il voto di domenica. La situazione è esplosiva, dominano paura e violenza. Si rischia la guerra civile.

(m.l.s.)