Agosto 1917: papa Benedetto XV denunciava l’ inutile strage

Fu anno di guerra sottomarina, intervento USA, crollo del fronte russo e ritirata di Caporetto

Il cimitero dei Caduti a Redipuglia nel 1924
Il cimitero dei Caduti a Redipuglia nel 1924

Nel 1917, quarto anno di guerra, agli orrori di morte e di logoramento psicologico in trincea si aggiunsero quelli della guerra illimitata sottomarina e dei bombardamenti aerei che uccidevano i civili, un inedito effetto spaventoso che da allora caratterizza le guerre contemporanee. Il papa già dalla sua elezione nel 1914 aveva fatto interventi, il più noto è la “Nota di pace” del primo agosto 1917 che contiene un richiamo alle precedenti esortazioni, l’appello ai governi a mettersi d’accordo e a porre fine tramite una trattativa alla inutile strage.
Nella Nota il papa parla con realismo, ha ben chiari i problemi economici pendenti su tutte le parti in conflitto, gravate dai costi esorbitanti della nuova industria bellica, fa esame delle questioni territoriali ai confini italo-austriaci e franco-tedeschi (ma anche politiche in Armenia, Stati balcanici e Polonia) e richiama a far prevalere uno spirito conciliativo, di equità e di giustizia e non di rivalsa dei vincitori sui vinti. Emerge in tutta la sua gravità la nuova situazione mondiale dominata dai funesti “ismi” contemporanei del nazionalismo, colonialismo, imperialismo. È presente anche il timore che, con la rivoluzione russa avviata nel febbraio, venissero sconvolte tutte le istituzioni esistenti.
Con lungimiranza la Nota di pace sulla inutile strage si basava sul principio fondamentale del rispetto dei diritti civili e delle aspirazioni dei popoli e delle nazioni, nella misura del giusto e del possibile. La voce di Benedetto XV rimase inascoltata.
Il 1917 porta con sé eventi nuovi e importanti. La Germania per spezzare il soffocante blocco navale britannico mira alla “vittoria totale” riprendendo la guerra sottomarina illimitata, attaccando senza preavviso anche navi di paesi neutrali. Nel mese di luglio cancelliere fu eletto Georg Michaelis, personalità insignificante alla mercé dei militari, che si illusero di avere la vittoria in pugno.
Gli Stati Uniti, rifornitori principali delle forze dell’Intesa, dopo l’affondamento del transatlantico inglese Lusitania con oltre mille vittime, il 6 aprile decidono di entrare in guerra contro gli Imperi centrali e nell’estate sono già operativi sul fronte occidentale un milione di soldati che aumenteranno fino a tre milioni. Aumenta la pressione per superiorità di numero di soldati e di carri armati e aerei, gli americani sconfiggono i tedeschi sulla Marna, ad Amiens, sulla Somme combattendo anche con iniziative autonome.
A portare il presidente degli Stati Uniti Wilson a entrare in guerra c’erano ragioni ideologiche di patrocinio di una pace “democratica” contro governi autoritari, ma c’erano anche interessi concreti di salvaguardia dei capitali finanziari investiti con le potenze dell’Intesa e di contrasto col capitale tedesco che si sarebbe rafforzato moltissimo in caso di vittoria.
Sul fronte delle Alpi orientali italiane l’Austria ha difficoltà a tenere insieme un esercito che è un mosaico di popoli ed è senza soldi. Avrà il 24 ottobre il “colpo di fortuna” provocato dalla rivalità degli alti comandi italiani dello sfondamento del fronte presso Caporetto e penetrazione degli austriaci per 150 km.
Fu un momento terribile ma la linea del Piave resistette e porterà alla vittoria, anche se bisognerà aspettarla ancora per più di un anno.
Sul piano militare l‘avvenimento più grosso fu il crollo del fronte orientale russo sotto il peso dell’arretratezza del sistema zarista, con penuria di rifornimenti e soldati che crollano sul piano della resistenza fisica e morale. Il capitale americano finanzia i bolscevichi, che prenderanno il potere con la “rivoluzione d’ottobre” guidati da Lenin, rientrato dall’esilio pure aiutato dai tedeschi che avevano ben considerato che il teorico e capo rivoluzionario avrebbe agito sui soldati per invitarli a disertare la guerra e fare rivolta interna politica e sociale. Gli Imperi centrali contarono sul cedimento dell’esercito russo per riversare le loro forze rapidamente contro inglesi, francesi e italiani prima degli effetti efficaci dell’intervento americano.
Infine va considerato il diffondersi dell’opposizione alla guerra che portava alla fame e a sacrifici gravissimi. Ci furono in tutti gli schieramenti rivolte e ammutinamenti, diserzioni contrastate con le regole ferree della disciplina militare. Anche la popolazione civile non sopporta più i disastri della guerra, nell’agosto a Torino una rivolta spontanea per mancanza di cibo, per contestazione politica e contro gli speculatori fu repressa, 41 le vittime e molte condanne per pacifismo disfattista.
Nonostante i controlli e le censure cominciarono a circolare libri e cronache con denunce crude e realistiche, tradotte poi in libri come Il disertore di Giuseppe Dessì, Un anno sull’altopiano di Emilio Lussu che ispira il film Uomini contro di Francesco Rosi.

Lettere dal fronte inviate per mezzo del Corriere Apuano

Il cimitero di San Michele del Carso (GO)
Il cimitero di San Michele del Carso (GO)

Il Corriere Apuano fu molto coinvolto nelle vicende della prima guerra Mondiale. Acceso fu dapprima il dibattito tra interventisti e neutralisti, premeva per la neutralità, non escludeva la possibilità dell’intervento, ma come “extrema ratio” perché “sono già abbastanza gravi le traversie della pace attuale”. Si allineò alle decisioni del governo ma non mancarono accuse di antipatriottismo e censure. Il 1917 fu l’anno più difficile della guerra, molte le manifestazioni contro, a causa del grave peggioramento delle condizioni di vita, sopportate soprattutto dalle donne in ansia per i loro uomini al fronte che sostituivano nel lavoro, dovevano far quadrare magri bilanci con elevato rincaro dei prezzi, senza avere il diritto politico di voto. Il nostro periodico diede molta attenzione alla Nota di pace del papa Benedetto XV, la pubblicò e si indignò contro il Corriere della Sera che aveva aspramente criticato il documento pontificio. Dalla tesi di laurea di Gisella Sanna discussa presso l’Università di Pisa facoltà di Scienze politiche su “Il Corriere Apuano” (1914-1918) si ricavano importanti notizie verificate anche nell’Archivio centrale dello Stato, sono riportate pure Lettere dal fronte inviate da soldati lunigianesi per mezzo del settimanale. Hanno caratteristiche particolari, non dicono tutta la drammaticità per segreto militare e per non mettere troppo in ansia i propri cari, tuttavia il disastro della guerra traspare sempre. Alcuni soldati si esprimono con forti sentimenti di amor patrio e di coraggio anche di fronte al pericolo costante della morte, essa “sarebbe sempre una gloria per me, un vanto per voi miei genitori” scrive Firmino Lodovici. “Sono già più di 15 giorni che mi trovo in prima linea a combattere giorno e notte; ho già fatto molti assalti alla baionetta. Mi sono trovato in certi pericoli che credevo proprio di lasciarci la pelle” scrive un altro. “So che dal posto dove andremo i reticolati austriaci distano di cento metri” scrive Alfonso Delfini di Filattiera. Accorsi Pietro e Giuseppe scrivono alla loro maestra di Bagnone nel 1915 che già quattro del paese sono morti “ma noi fieri e orgogliosi sapremo vendicarli”. Ambrogio Gussoni ringrazia il direttore del Corriere Apuano per l’invio del giornale “che fa passare qualche ora felice”. Musetti Luigi di Cargalla dice alla madre il dolore del distacco dopo una breve licenza, chiede preghiere. Pietro Beschizza confida al padre giorni angosciosi e terribili che mai potrà dimenticare.

Maria Luisa Simoncelli