
Presentato nelle Stanze del Teatro della Rosa il libro “Nil difficile volenti”, una storia raccontata attraverso i fatti dal X secolo ai giorni nostri

È commovente la dedica del libro alla nonna dell’autore: i nonni sono biblioteche viventi, trasmettono il senso della famiglia dentro il perimetro della loro memoria; ma ci sono storie familiari di lunga durata fissate in tantissime carte d’archivio. Un lungo “rammendo”, per restituire completezza e aggiornamento alla Memoria scritta da Cesare Ruschi nel 1594, è quanto ha fatto l’arch. Pietro Verissimo Ruschi, che ha passato al vaglio un numero enorme di carte del suo archivio di famiglia e di altri, biblioteche e musei e ha pubblicato il volume Nil difficile volenti, titolo dal motto dei Ruschi da Como a Pisa, presentato a Pontremoli il 20 febbraio. Il vicesindaco Cocchi ha ricordato l’arricchimento di Pontremoli portato dalle famiglie aristocratiche e ha ringraziato Francesco e Carlo Ruschi, che tengono aperto l’archivio e il bel palazzo per il programma “chiese e palazzi aperti”. La presentazione del libro è stata di Manuel Rossi dell’Università di Pisa, collaboratore nell’esame delle carte d’archivio. Il libro si ferma alla generazione dei nonni dell’autore, è una storia imponente sui documenti spiegati col corredo di ricchissime, analitiche note. A differenza di altre, è una storia scritta dall’interno da un membro della famiglia, con criteri scientifici di critica delle fonti. Il piano privato si incontra con quello pubblico perché molti Ruschi ricoprirono ruoli importanti nell’economia, nella cultura, nelle istituzioni. La storia comincia nel X secolo, dati più sicuri partono dalla battaglia di Legnano (1176) quando la Lega dei Comuni lombardi sconfisse l’imperatore Barbarossa, salvato da Lotterio Rusca signore a Como. L’esodo dalle terre comasche portò i Ruschi, Rusca, Rusconi (cognomi equivalenti) a Lugano, Locarno, Bellinzona, Bologna e a Pisa, qui dapprima nel periodo dei Visconti; ma quando Firenze guelfa conquistò Pisa nel 1406, per i ghibellini Ruschi non soffiava buona aria; si rifugiarono per oltre un secolo a Monti di Licciana, ospiti dei Malaspina. Di questo soggiorno non sono rimaste tracce, non si conosce come e dove abitassero, dovevano avere un certo ruolo con legami matrimoniali (nel 1596 un Ruschi sposerà una Medici di Panicale, dove ancora c’è il palazzo). A metà ‘500 i Ruschi di Pisa tornarono a casa e da 29 generazioni vi sono presenti. Molti i personaggi di spicco: tra i Cavalieri di S. Stefano, G.B. Ruschi fu medico di Galileo, Francesco fu gonfaloniere di Pisa e Vicopisano, Rinaldo portò a Torino i risultati del plebiscito del 1859 per l’annessione al Piemonte, fu contro la pena di morte, senatore del Regno. Palazzi e belle ville di campagna hanno affreschi importanti del Settecento. Nel libro hanno risalto anche molte donne della famiglia, che ebbero interessi culturali e promossero iniziative di socialità. I Ruschi non disdegnarono la mercatura, avevano rendite dal commercio del ferro, pagavano tasse, ricoprivano incarichi all’Università, furono amministratori dei beni altrui, nel Settecento furono riformatori illuminati.
Maria Luisa Simoncelli