

Si può guardare con ottimismo all’anno appena cominciato? A giudicare da quello trascorso, si direbbe di no. Il 2024 verrà archiviato come l’anno più caldo di sempre, a certificare una crisi ambientale che solo chi scambia clima e meteo non vede.
Eppure governi e società sembrano disinteressati alla lotta contro il surriscaldamento che comprometterà la vita delle future generazioni.≤Le priorità sembrano altre.
La guerra, prima di tutto. Il nuovo segretario della Nato, Mark Rutte, si è spinto all’inaudito: “in Europa si parla troppo di pace, bisogna passare ad una mentalità bellica” ha dichiarato. Aggiungendo che i cittadini dovrebbero “accettare di fare sacrifici”, con tagli alle pensioni, alla sanità e ai sistemi di sicurezza sociale, per aumentare le spese per il riarmo.

La democrazia è in crisi, ovunque. Lo dimostra il ruolo determinante che l’uomo più ricco del mondo ha avuto nelle elezioni americane, e lo dimostra la Romania, dove le presunte interferenze straniere sulle presidenziali a favore di un candidato indipendente di estrema destra in realtà altro non sarebbero state che una campagna finanziata dal partito di governo nel tentativo di sviare voti dal principale candidato populista.
Ed in crisi è pure l’Unione Europea, una comunità di 450 milioni di abitanti che vive come un’emergenza l’afflusso di 385 mila migranti irregolari all’anno, incapace di iniziativa politica sia rispetto ad una guerra alle porte di casa, sia nel Medioriente in cui si disegnano nuovi equilibri geopolitici, abile solo a palesare il doppio standard occidentale: impiegare la retorica dei diritti umani e delle libertà da difendere in Ucraina, anche con la guerra, sostenendo al contempo Israele nel suo sterminio di innocenti a Gaza, in buona parte lasciato alla pianificazione di un’intelligenza artificiale fuori da ogni controllo.
Ma tutto questo – e altro ancora: la povertà, le disuguaglianze, i nazionalismi – non ci toglie la speranza di un 2025 diverso e migliore. “C’è speranza per ognuno di noi”, singolarmente e come società, ha detto il Papa nell’inaugurare l’anno giubilare. Sperare “ci impegna nella trasformazione del mondo”. Non si tratta di mettersi in passiva attesa che le cose cambino.

Francesco, è stato esplicito: “la speranza non tollera l’indolenza del sedentario e la pigrizia di chi si è sistemato nelle proprie comodità; non ammette la falsa prudenza di chi non si sbilancia per paura di compromettersi e il calcolo di chi pensa solo a sé stesso; è incompatibile col quieto vivere di chi non alza la voce contro il male e contro le ingiustizie consumate sulla pelle dei più poveri”. La porta della speranza si spalanca sul mondo se ci mettiamo in cammino, “senza indugio”, è l’invito di Francesco; con audacia, responsabilità e compassione. Partiamo, allora. E buon anno.
Davide Tondani