
Spesso al centro delle cronache, sia per il suo prestigioso uso che per le proteste

Il marmo di Carrara nella suite dell’Orient Espress
Non passa giorno che non si vedano il marmo e le cave al centro delle cronache locali dei quotidiani. Chi vorrebbe porre fine alla escavazione per i danni all’ambiente che produce, chi contrappone, a sua salvaguardia, la ricchezza che il marmo produce in termini di occupazione ed anche di particolari ed artistiche utilizzazioni. è di pochi giorni orsono, ad esempio, la notizia che la suite dell’Orient Espress sarà rivestita con i marmi della Furrer di Carrara, che presto ricoprirà anche le carrozze, su progetto dell’archistar francese JR. Un intervento di gran lusso e delicato, che richiede alte professionalità, per garantire la resistenza del marmo alle vibrazioni del treno, e che sarà eseguito dalla azienda Mazzi di Carrara, vincitrice del bando di gara fra varie concorrenti. La suite è stata esposta alla biennale di Venezia, dove è stata trasportata via mare. Si dice che chi la utilizzerà dovrà disporre di un portafogli di grandi “dimensioni”.

L’uso artistico del marmo
C’è anche un uso artistico del marmo, oltre quello scultoreo, rappresentato, ad esempio, dal marmolino, il violino di marmo, progettato da Valeria Lattanzi di Carrara, perfettamente funzionante, come altri strumenti, che conciliano la “durezza del marmo con la fluidità dei suoni”. Riescono, poi, ad attrarre l’interesse e l’ammirazione di molte persone, oltre l’apprezzamento per chi li organizza, siano Amministrazioni o privati cittadini, i musei del marmo. Quello di Carrara, la cui realizzazione risale agli anni 1962/65, verrà riqualificato all’interno e nello spazio esterno e diventerà, sostengono a Carrara, un “importante attrattore turistico”, come a Fivizzano sta avvenendo per “l’Antiquarium Apuanum“ di Equi Terme, una collezione di blocchi di marmo risalenti, alcuni, ad oltre 2.000 anni orsono, all’epoca romana, e ritrovati nelle Alpi Apuane. Questi ultimi permettono di ricostruire l’evoluzione delle tecniche estrattive nel corso dei secoli.

La storia del marmo di Fivizzano
Si può ben dire che le cave di marmo siano state, ed ancora lo siano, una fondamentale fonte di lavoro per la popolazione della Lunigiana Orientale, con le cave di Equi e del Sagro, un fattore identitario che ancora caratterizza una numerosa popolazione.
Certo non si assiste più, al bar o nei luoghi di ritrovo nelle feste, alle lunghe conversazioni tra cavatori in merito al lavoro svolto in settimana in cava; non si vedono più passare nei paesi della Valle del Lucido, le “ciavattone” che trasportavano i blocchi in segheria a Monzone e perdevano pezzi di gomma dei copertoni, dai quali i ragazzi ricavavano palle per giocare. La teleferica del Balzone è precipitata da decenni. Non si sentono più le sirene annunciare l’inizio e la fine della giornata lavorativa nella grande segheria, collegata con la ferrovia. Oggi, però, passano in continuazione camion che trasportano blocchi dal Sagro o dalle cave di Equi in vari depositi della vallata, mentre una volta al giorno transita un treno merci della Keracoll con 24 container sui vagoni. Si registra qualche protesta per il passaggio dei numerosi camion, in strade non proprio all’altezza, o per la polvere di marmo che “perdono”, se non ben protetti, o per la marmettola che dipinge di bianco il Lucido quando piove o per il danno ambientale. Mai la contestazione, però, è stata dura da parte della popolazione, memore, forse, dei famigliari che nelle cave hanno trovato ed ancora, alcuni, trovano lavoro. Ma le varie associazioni ambientaliste si fanno sentire, spesso e con decisione e documentazione. Come andrà a finire?
Andreino Fabiani