È venuto il momento di chiederci se abbiamo le statue giuste

Strade e piazze, parchi e giardini, musei e biblioteche: sono gli spazi pubblici del nostro Paese; spazi pieni di segni, celebrazioni, ritratti, simboli di fascisti, schiavisti, colonialisti. E sono lì a segnare la nostra memoria condizionando il nostro presente e, soprattutto, il futuro delle nuove generazioni.
Tomaso Montanari lo definisce un “canone civile del nostro progetto comune”: dobbiamo continuare ad accettarlo così com’è? O dobbiamo cancellarlo, distruggerlo con il rischio di perdere la memoria di quello che siamo stati?
Il rettore dell’Università per Stranieri di Siena, storico dell’arte, scrittore e saggista impegnato, prova a indicare una possibile strada alternativa nel suo ultimo libro, “Le statue giuste” (Laterza 2024, pagg. 134, 16 euro), cercando di proporre una risposta costruttiva, quella che prevede di “non distruggere ma nemmeno accettare passivamente un messaggio che tenderebbe a continuare a inchiodarci ad un passato che invece oggi lucidamente condanniamo”.
Una scelta necessaria perché – spiega Montanari – il modo con cui ricostruiamo e celebriamo il nostro passato è anche il modo con cui vogliamo costruire il futuro. Il primo passo è conoscere: la conoscenza è indispensabile per poter condividere all’interno di processi “pubblici e partecipati” e poter quindi procedere alla “risemantizzazione” di quei nomi che compaiono sulle targhe di strade e piazze, di quei volti che spuntano su busti e statue.
A loro, e agli spazi che caratterizzano, va attribuita una nuova dimensione: quindi non vanno cancellati, ma commentati per assegnare loro un significato diverso: “siamo stati così, ma non vogliamo più esserlo”.
Allora, se ci riusciremo, “forse lo spazio pubblico ci aiuterà a costruire un futuro diverso, più giusto, più simile al progetto della Costituzione che ci siamo dati”. Nel libro Montanari ci accompagna con numerosi esempi, fra i tanti possibili, scelti per essere quanto mai utili a dimostrare la necessità e l’urgenza di questo processo di assegnazione di un nuovo significato a quei simboli.
Ci troviamo proiettati così dentro una vera e propria galleria di orrori che pesano sulla nostra democrazia e sul nostro percorso di “non conoscenza”: presunti “eroi” delle guerre coloniali o della spedizione di Fiume, generali del Regio Esercito che ordinarono di fare fuoco sulla folla, gerarchi fascisti protagonisti di alcune delle tragedie del ventennio, ma anche re ed esponenti di Casa Savoia.
La condanna di queste figure viene argomentata a fondo e con motivazioni oggettive e indiscutibili, aprendo nella coscienza di ciascuno di noi interrogativi e riflessioni che dovrebbero suscitare il desiderio di iniziative che pongano rimedio ad una realtà spesso ignorata ma che è qui, davanti a ciascuno di noi, ogni giorno.
C’è una soluzione? Quella che viene proposta nel libro è convincente e si basa non su negazione e soppressione bensì nella rivalutazione di quei simboli. Una soluzione ben più complessa e faticosa del “non fare nulla” o dell’armarsi di martello e scalpello (ammesso che sia possibile farlo…), ma come in ogni processo democratico e di partecipazione è una fatica necessaria.
“Non è forse venuto il momento di chiederci se abbiamo le statue giuste?” si chiede infatti il prof. Montanari proponendo una “terza via” fra quella della iconolatria (il culto delle immagini) e quella della iconoclastia (la loro distruzione), quella cioè di un processo di riflessione che le “renda giuste”.
Ed esempi in tal senso esistono in altri paesi del mondo occidentale. Perché non dovrebbero essere possibili anche in Italia?

Paolo Bissoli