Pontremolesi all’estero perseguitati dal Regime

Decine di emigranti, militanti politici, antifascisti: i loro profili dalle carte del Casellario Politico Centrale

Luigi Campolonghi (1876-1944)

La storia della Lunigiana è legata alle migrazioni all’estero: partenze determinate dalla ricerca di migliori condizioni di vita, ma a volte imposte dalla situazione politica. Nel Casellario Politico Centrale, tra i fascicoli dei così detti “sovversivi”, controllati e perseguitati, ci sono molti pontremolesi che vivevano all’estero: tra loro sono numerosi i ferrovieri licenziati per aver partecipato allo sciopero del 1922.
Prima di loro era stato Luigi Campolonghi, nato nel 1876, ad essere costretto all’esilio in Francia: una prima volta nel 1898 per sfuggire all’arresto, una seconda nei lunghi anni della dittatura fascista. Della sua intensa attività in Francia qui si ricorda la costituzione, nel 1922, della Lega Italiana per i Diritti dell’Uomo e la vicinanza ad emigranti e fuoriusciti italiani. Crea, ad esempio, l’Associazione “Lunigiana” a Mandelieu, cittadina nei pressi di Cannes: società di Mutuo Soccorso e di attivisti politici antifascisti. Qui erano molti i pontremolesi, spesso aderenti all’Associazione.
Tra le persone schedate è Carmela Rosi, classe 1902, di Torrano, “antifascista” e “sospetta sovversiva”. La sua colpa è quella di essere stata la fidanzata di Felice Alfonso Verri, il compaesano ucciso a coltellate nell’estate 1922 da una squadra di fascisti. I quattro arrestati sono assolti e lei, nel 1926, emigra prima negli USA e poi in Cile. Ancora nel 1939 vige la disposizione di fermarla, perquisirla e segnalarla nel caso fosse rientrata in Italia. In Cile è vice tesoriera del Comitato locale per l’aiuto della Spagna Rossa e per la lotta contro il Fascismo.
Antonio Corsi, classe 1901, è dell’Annunziata. Fornaio, è schedato quale “comunista” con l’aggettivo di “pericolosissimo”. Nel 1917 è già in Francia, ma l’anno seguente viene espulso; passa prima in Lussemburgo poi, all’inizio del 1929, in Belgio. È definito di “atteggiamento violento”, segnalazione che deriva dall’aver gridato “abbasso i poliziotti” ad una manifestazione alla quale partecipava con un fazzoletto rosso. Nel 1933 è a Basilea poi, per dieci anni non ci sono segnalazioni, fino al 1943 quando viene arrestato a Ginevra dove abita presso Max Dubuis, classe 1914, già combattente tra le Brigate Internazionali nella guerra di Spagna. Ancora nel settembre 1943, quando il Fascismo è caduto, vige nei suoi confronti il fermo e la perquisizione.
Altra figura importante è quella di Amedeo Del Ranco, nato nel 1894 a Vecchiano (PI) dal 1913 è prima a Casa Corvi poi all’Annunziata. Fondatore del PCI a Pontremoli, viene schedato già nel 1921 quando in Lunigiana tiene numerosi comizi tra i quali anche quello a Monzone del 15 luglio 1921 che vede l’aggressione delle squadre fasciste arrivate dallo spezzino e dalla Versilia. Accusato di essere stato l’istigatore dell’uccisione di Antonio Angella a Scorcetoli nello scontro tra socialisti e comunisti da una parte e fascisti dall’altra, in realtà è estraneo ai fatti e viene assolto. Emigra a Parigi dove resta per molti anni; sorvegliato, le autorità italiane più volte ostacolano i viaggi dei genitori in Francia.
Come detto a Mandelieu era l’associazione di Mutuo Soccorso e numerosi sono i nostri conterranei controllati dalla polizia. C’è Giovanni Angella, di Mignegno, classe 1885, socialista, manovale, accusato di frequentare elementi sovversivi e professare idee anarchiche. Nel 1919 emigra in Corsica, poi a Mandelieu dove, nel 1931, è presidente della società “Lunigiana” che accentua la sua caratteristica antifascista. Nel 1933 viene segnalato come il massimo esponente dell’antifascismo di quella città. Il figlio Aldo Angella, nato a Mignegno nel 1906, venditore ambulante; a 14 anni è in Corsica e nel 1931 raggiunge il padre a Mandelieu. È “persona ostile” al Regime e sarà schedato fino al 1943.
Un altro di Mignegno è Primo Bertocchi, del 1900, manovale nelle ferrovie e licenziato per aver partecipato allo sciopero del 1922. Tre anni dopo è a Mandelieu e nel 1929 diventa consigliere nella società di mutuo soccorso. Nonostante acquisisca la cittadinanza francese è sorvegliato fino al 1939.
Anche Emilio Campodonico, classe 1833, è nato a Mignegno. Lui però emigra prima in Argentina, poi in Svizzera. A Neuchatel, dove lavora, il segretario del Fascio locale si trova in difficoltà a segnalare l’acceso antifascismo dell’uomo perché il Campodonico è lo zio della moglie del Podestà di Pontremoli, Buttini. IQuesti, interpellato, non ha scrupoli: non si devono avere riguardi e deve ricevere la “punizione fascista” che merita.
Giuseppe Cervara è invece della Pieve di Saliceto: classe 1898, ferroviere anche lui licenziato per lo sciopero del 1922; emigra in Francia e in una località di mare non lontano da Mandelieu, gestisce un ristorante. Si iscrive alla società “Lunigiana”; nel 1936 viene segnalato dal consolato di Nizza come uno dei principali agitatori comunisti della zona. Nel 1940 il governo di Vichy gli toglie la cittadinanza francese, che aveva ottenuto. Viene così internato nel campo di concentramento francese di Vernet.
Va citato anche Ernesto Giovanni Franchi, nato nel 1878 a Guinadi San Rocco: operaio cementista, nel 1902 emigra in Svizzera e a Zurigo si iscrive al Partito Socialista. Nel 1910 si trasferisce a Parigi, poi rientra in Italia per la prima guerra mondiale. Nel 1922 emigra ancora, in Corsica: ha aderito al partito comunista. Nel luglio 1933 viene arrestato a Parigi mentre manifesta contro la guerra. Espulso, si trasferisce per un po’ in Belgio, poi torna a Parigi e vive da clandestino. Arrestato di nuovo è obbligato a tornare in Italia: per il viaggio si fa prestare il denaro da alcuni paesani. Verrà denunciato come persona pericolosa e nel 1934 viene condannato a quattro anni di confino a Ponza.

Paolo Bissoli