
E se la reliquia dal 782 a Lucca fosse stata conservata a Dobbiana?

Il Volto Santo, il Crocifisso che la tradizione e quanto narrato dal diacono Leobino si vuole sia stato scolpito da Nicodemo per tramandare le reali sembianze di Cristo, può essere stato conservato per alcuni anni a Filattiera e, nello specifico, a Dobbiana?
Detta così, l’ipotesi potrebbe far sorridere il lettore distratto; ma ripercorrendo le nebulose vicende di una storia che a tratti si fa leggenda l’evenienza va presa in considerazione.
Se ne è parlato proprio a Dobbiana il 14 settembre, festa di Santa Croce, in occasione della presentazione del libro di Giuseppe Piacentini, “Il Volto Santo e le sue Vie”, pubblicato con il contributo della Banca dell’Identità e della Memoria della Garfagnana e del Parco Nazionale dell’Appennino. Sul sagrato della chiesa, dopo il saluto della sindaca di Filattiera, Annalisa Folloni, è stato l’arch. Mauro Lombardi ad introdurre l’autore con un intervento che ha ripercorso la storia del Volto Santo, ricordando come Piacentini avesse ipotizzato per confronti iconografici e tipologici che il Volto Santo conservato a Lucca fosse in effetti l’originale risalente ai primi secoli della Cristianità e comunque il più antico tra tutti quelli conosciuti (tra i quali quello di Bocca di Magra, ma anche quelli di Sillano in Garfagnana e, appunto, di Dobbiana).
Un’ipotesi di recente confermata dalle analisi strumentali con la prova del radiocarbonio, ma che lascia ancora senza risposta l’altro problema aperto: il Volto Santo arrivato a Luni su una barca priva di equipaggio, dove è stato conservato prima di essere trasportato a Lucca? Già, perché tra i vescovi di Luni-Sarzana e Lucca si era accesa una diatriba su chi dovesse conservare la preziosa reliquia; alla fine, nel 782, l’accordo che fu raggiunto prevedeva che il Volto Santo andasse a Lucca e l’ampolla del Preziosissimo Sangue fosse conservata a Sarzana.

Una determinazione forse figlia della crisi che stava investendo la diocesi lunense. Ma il punto è un altro: prima del trasferimento a Lucca, la scultura è stata certo conservata per un periodo più o meno lungo nel territorio di fronte al quale era stata trasportata via mare. Ma dove? A Luni? Difficile crederlo viste le condizioni della ex colonia romana. Nei dintorni? Oppure a Sarzana? Possibile, certo. Ma non si può escludere a priori che potesse essere trasportato più all’interno, in una zona remota e sicura anche dalle possibili minacce delle scorrerie saracene.
Ed ecco spuntare l’ipotesi del territorio di Filattiera, dove proprio in quel periodo era presente un personaggio la cui identità resta ancora incerta, ma comunque ribattezzato “Leodegar”, di certo una figura importante, forse un vescovo di origini longobarde che si impegnò a lungo per cristianizzare l’area anche “spezzando gli idoli” pagani. Una cosa è sicura: a Dobbiana la venerazione alla Santa Croce è sopravvissuta fino a noi e continua ad essere sentita come dimostrano le celebrazioni che si svolgono ogni anno e che richiamano un buon numero di fedeli; la scultura che oggi si ammira nella piccola chiesa parrocchiale isolata tra i boschi (ma vicina ad una località fortificata, forse dell’antico “limes” bizantino) è opera ben più recente (XVII secolo), ma è forte il sentimento di una devozione che arriva da epoche remote.
Paolo Bissoli