Ricordati di me, Signore Gesù, nel tuo amore

Domenica 15 settembre. XXIV del Tempo ordinario
(Es 32,7-11.13-14 – 1Tm 1,12-17 – Lc 15,1-32)

11vangelo“In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: Costui accoglie i peccatori e mangia con loro”. Il Figlio continua il suo viaggio verso Gerusalemme, insegnando, ma i “religiosi”, i “custodi della legge” mormorano, perché si sentono minacciati. Alla fine riusciranno a metterlo in croce, ma Lui, perdente, da allora continua ad invitarci ad andare verso coloro che si sono perduti.
La Chiesa nascente aveva rischiato una divisione sanguinosa sul tema della comunione . Gli apostoli avevano dovuto scegliere tra ciò che Lui aveva insegnato, e ciò che la tradizione sembrava suggerire: se ci si dovesse accostare ai peccatori fino ad accoglierli alla propria mensa, o se si dovessero rifiutare. Gesù frequenta sovente e volentieri la tavola, ospite di farisei o di peccatori, senza che nessuno sia escluso. Mai. Ci insegna che condividere il desco è una via maestra per la comunione e la riconciliazione. Vuole raggiungere i peccatori e farsi raggiungere da loro.
Ha scelto di entrare nelle case, per sedersi a tavola con coloro che incontrava sul suo cammino. Il semplice fatto che osasse sedere a pranzo, accanto a gente scartata e condannata dall’opinione pubblica, scandalizzava. Le parabole che ci consegna oggi spiegano il senso di questi gesti. “Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova?”. Una pecora si è perduta, rischia di morire di stenti, o cadendo da un dirupo, o divorata dalle fiere. Il pastore lascia le altre novantanove nel deserto, e la cerca, instancabile e paziente, finché non la trova. Ne ha altre novantanove, chi glielo fa fare?
Ma lui non fa preferenze, ama le pecore, una per una, perché ne conosce la voce e il nome. Quando si ama, non si fanno calcoli. La misericordia è movimento, è il dinamismo dei passi rapidi del pastore. Non ha nulla a che fare con la spiritualità da divano, efficacemente evocata da papa Francesco. È anche dono vicendevole, sconosciuta a coloro che vogliono auto-incensarsi con i propri atti di benevolenza. Il Signore misericordioso continua a pensare a chi l’ha abbandonato e si è perduto, e non si dà pace, finché questi non ritorna nella sua intimità.
È uno stile. Si può scegliere lo stile opposto, quello di rimanere fermi, per paura di quello che si potrebbe dover affrontare fuori dall’ovile. Ma così, il giorno successivo, un’altra pecora potrebbe smarrirsi, poi un’altra , e un’altra ancora, e la storia inevitabilmente finirebbe con il pastore che resta con una sola pecora, perché le altre novantanove sono andate perdute, a causa della sua paura, della sua gelosia, e soprattutto perché gli è mancato il coraggio di uscire.
Gesù vuole che facciamo come questo pastore, che non si arrende finché non trova la pecora perduta. A quel punto se la carica sulle spalle, per evitarle ulteriore stanchezza, e per consolarla, poi la porta a casa, e convoca gli amici e i vicini per fare festa, perché la misericordia, che nasce dall’incontro, porta al rinnovamento e alla gioia: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”.   

Pierantonio e Davide Furfori