
Almeno 50 i morti dall’inizio degli ultimi combattimenti. Il premier Fayez al Sarraj ha dichiarato lo stato d’emergenza e mobilitato le unità speciali
Sarebbero almeno 50 i morti e 138 i feriti vittime dei combattimenti in Libia; l’informazione è riferita dal ministero della Sanità di quel Paese. Secondo la missione Onu, sono almeno 19 i civili uccisi, tra i quali donne e bambini. La notizia, rilanciata da Ansa, conferma la gravità della situazione in Libia a seguito degli scontri iniziati alla fine del mese di agosto nei sobborghi di Tripoli da parte della settima brigata di Tarhouna, una città a 60 km a sud della capitale. Il premier libico Fayez al Sarraj ha dichiarato lo stato d’emergenza e mobilitato, per difendersi, alcune brigate che formano unità speciali dei ministeri dell’Interno e della Difesa.
Questi dati, nella loro tragicità, giustificano ampiamente l’intervento dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) che ha esortato le parti in conflitto “a risparmiare i cittadini e le infrastrutture civili e a consentire l’accesso ad aree più sicure a coloro che cercano protezione”.
Particolarmente difficile la situazione nel centro per sfollati Fallah 2 Tawergha, il sito che ospita oltre 900 cittadini libici, dove un bombardamento ha provocato morte e distruzione e ha costretto le persone a fuggire. Anche nell’area di Janzour, prosegue l’organismo Onu, nella parte occidentale di Tripoli, “27 famiglie libiche, tra cui due minori affetti da una malattia degenerativa – informa l’agenzia delle Nazioni Unite -, hanno cercato riparo in una scuola dopo aver abbandonato le proprie abitazioni a causa degli scontri a sud della città”.
La situazione della sicurezza nella capitale libica è definita “instabile e imprevedibile” e sta limitando l’operatività delle agenzie umanitarie in aiuto sia ai libici sfollati che ai rifugiati colpiti dagli scontri. L’evolversi della situazione è seguita dall’Unione europea che mostra “preoccupazione crescente” e ribadisce che “non ci può essere soluzione militare per la situazione in Libia, ma solo politica”.
Per questo motivo sono stati avviati canali diplomatici col governo guidato da al-Sarraj, e nello stesso tempo si chiede “a tutte le parti di cessare immediatamente le ostilità”.
Su queste posizioni sono concordi il presidente del Parlamento Ue Antonio Tajani, il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk e l’Alto rappresentante Federica Mogherini. Il tema sarà portato anche all’Europarlamento riunito in plenaria la prossima settimana.
A far precipitare le cose hanno contribuito non poco l’Italia e la Francia, presenti sul territorio libico con rilevanti interessi economici legati in gran parte al petrolio e al metano; così si spiega il commento reso pubblico da Antonio Panzeri, presidente della Sottocommissione per i diritti umani e relatore permanente sulla Libia per il Parlamento europeo. “Ciò che sta accadendo in Libia – ha dichiarato – è motivo di grande preoccupazione ed è chiaro che, alle condizioni attuali, chi si illude che si possano indire presto elezioni è fuori contesto. Il mio appello è rivolto all’Unione europea e all’Onu affinché operino da mediatori riportando l’Italia e la Francia al tavolo della discussione”.
Secondo l’eurodeputato Panzeri, “l’obiettivo deve essere quello di individuare una strategia di azione da discutere alla Conferenza che si terrà a Roma a fine settembre, occasione concreta per dare una svolta a questa situazione”.
Roberto Aliboni, consigliere scientifico dell’Istituto affari internazionali (Iai), che da anni osserva la situazione libica, in una intervista rilasciata ad Agenzia Sir conferma la gravità della situazione. Secondo l’esperto, questi nuovi sviluppi esprimerebbero una “contesa tra quelli che vogliono fare le elezioni (dentro e fuori dalla Libia) e quelli che invece non le vogliono fare”.
Tra i primi c’è la Francia che spinge per far votare entro quest’anno, al fine di legittimare i leader invitati a Parigi, tra cui il generale Khalifa Haftar. Da parte sua, il governo italiano, che sostiene, anche giustamente, la necessità di giungere ad accordi preliminari, prima di passare al voto, “ha sempre dichiarato di avere il controllo della situazione ma non è così. È riuscito a trovare la strada per diminuire le partenze dei migranti, non si sa se pagando o attraverso relazioni politiche”.
La gravità della situazione è dimostrata anche dal fatto che l’Eni ha evacuato il proprio personale e il Cir (Consiglio italiani rifugiati) ha chiuso temporaneamente gli uffici. I giornali libici parlano di un rallentamento dell’attacco ma di certo si continua a combattere.
(a.r.)