Nathanael West, una riscoperta necessaria

Nato nel 1903 a New York e morto prematuramente in un incidente stradale con la moglie nel 1940, Nathanael West ha lavorato ad Hollywood con scarsa fortuna per film di serie B, ha praticato il giornalismo ed è autore di romanzi, racconti e sceneggiature teatrali. La sua narrativa inizia con “La vita in sogno di Balso Snell” (1931) e prosegue con “Miss Lonelyhearts” (1933), “Un milione tondo tondo, ovvero La demolizione di Lemuel Pitkin” (1934) e si conclude col suo capolavoro “Il giorno della locusta” (1939).
“Miss Lonelyhearts” (La signorina Cuorinfranti) viene riproposto di questi tempi da Ed. Alter Ego (pagg.125 euro 4,90 traduzione di Cristina Bocci) e sembra scritto per il nostro oggi. La miss del titolo individua un giovane giornalista che deve firmare una rubrica di “posta del cuore” che gli è proposta da un superiore sarcastico e cinico che si diverte a disprezzarlo per la sua emotività.
Le lettere che si susseguono costituiscono la rappresentazione più tragica e, forse, involontariamente umoristica, di una umanità prevalentemente femminile, ma non solo, in cui si prospettano vicende atroci al limite del sopportabile ed alla decisione del giornalista di considerarle come un puro esercizio di stile senza coinvolgimenti.
Ma l’insistente provocazione del superiore finisce per generare il desiderio di impegnarsi in maniera più attenta nella considerazione delle problematiche che gli vengono prospettate. Questo però lo porta inevitabilmente ad una considerazione più ampia visto la situazione del tempo (la crisi terribile del ‘39), la sua personale (scarsamente remunerato, con una vita sentimentale ridotta ai minimi termini, prospettive sul futuro affidate ad improbabili tensioni mistiche) fino ad arrivare a voler conoscere direttamente la realtà presentata dai suoi interlocutori di penna.
Se possibile si troverà a verificare come quello che poteva sembrare sfogo inautentico o comunque esagerato sia invece lo specchio più vivido di una disperazione collettiva di ben più ampia portata.
Non finirà bene la storia di Miss Lonelyhearts (non conosceremo mai il suo vero nome), che si vedrà costretta all’eterno dibattito tra il Bene ed il Male in un mondo in cui il prevalere tecnologico e finanziario sembra impedire qualsiasi miglioramento per l’essere umano. Le lettere riprodotte come testimonianza della storia costituiscono uno straziante documento che, pur al limite del paradossale, sembrano comunque consentire una possibilità di contatto minimo per questa umanità afflitta.
Ma il finale non lascia scampo e si propone ancora oggi come la lucida riflessione di uno splendido narratore valida allora, ai tempi della scrittura, e perfetta per il nostro oggi che tendiamo ad affrontare con troppa rassegnata assuefazione.

Ariodante Roberto Petacco