
“Uno scrittore yiddish in America è un’entità invisibile, quasi un fantasma. Forse per questo sono tanto interessato alle storie di fantasmi e del soprannaturale. In tutti i miei scritti tendo a cercare ciò che è nascosto alla vista.” Queste parole di Isaac Bashevis Singer, tratte da “A cosa serve la letteratura?” (Adelphi, 2025), risuonano con forza nel mio animo dopo aver letto “Quel che so di te” di Nadia Terranova (Guanda, 2025).
L’autrice, con la sua scrittura evocativa e potente, si conferma maestra nell’arte di dare voce ai fantasmi, alle storie taciute, a ciò che giace nascosto nelle pieghe della memoria famigliare e personale. Terranova si muove con agilità tra il mondo reale e quello dei fantasmi, tra la leggenda familiare e la Storia.
Il suo ultimo romanzo, candidato al Premio Strega 2025, è un’indagine profonda e commovente sulla vita della bisnonna Venera, internata nel manicomio Mandalari di Messina.
Il Mandalari era un luogo di dolore e di silenzio, dove le donne venivano rinchiuse e dimenticate, vittime di una società che le considerava “istero-nevrotiche”, “femmine” da rinchiudere.
L’autrice, con la sua ricerca meticolosa e appassionata che la sposta da Roma a Messina, sulle tracce di documenti, luoghi fisici e posti del cuore ci svela i segreti della memoria familiare, i legami invisibili che ci uniscono ai nostri antenati.
Terranova è capace di tessere una rete di connessioni tra passato e presente: tra ciò che è mitologia famigliare, cioè racconto, e ciò che è avvenuto davvero. Non viviamo solo la nostra vita. Senza nemmeno accorgersene viviamo con un sacco di questioni irrisolte che derivano dai nostri genitori, dai nostri nonni e dalle generazioni precedenti.
Questa scoperta, ovvero l’esistenza di una memoria attraverso la quale siamo collegati ai nostri antenati è una scoperta rivoluzionaria di Bert Hellinger, il padre delle costellazioni famigliari.
Quel che so di te è un romanzo che dà voce a chi è stato dimenticato. Terranova intreccia la storia di Venera con quella di Antonino Puglisi, un “confinato politico demente” citato con queste esatte parole in una nota di Mussolini. Entrambi, vittime di un sistema che li ha emarginati in manicomio rappresentano le due facce di una stessa medaglia: quella dell’umanità fragile e dimenticata.
“Quel che so di te” è un romanzo che ci porta a riflettere sul potere di ricostruire le storie dimenticate o taciute per poter generare nuove storie, più nutrienti per noi e per la nostra linea famigliare.
Infatti nel romanzo Terranova intreccia l’esperienza di inizio Novecento della sua bisnonna con la sua recente esperienza di madre di una bambina, mostrandoci un bisogno di ripercorrere la propria storia. Un’opera che ci ricorda che la letteratura è anche un modo per dare senso al caos del mondo, per unire ciò che è stato separato.
Alessandra Pagani