
Nato a Roma nel 1975, scrittore e poeta, Andrea Bajani debutta nella narrativa nel 2002 col romanzo “Morto un papa“ (Portofranco), nel 2005 passa ad Einaudi con “Cordiali saluti” cui seguono “Se consideri le colpe” (2007), “Ogni promessa” (2010, premio Bagutta): Dal 2013, con Feltrinelli, “Mi riconosci”, “La gentile clientela”, “Il libro delle case”.
È autore di tre volumi di poesie ed attualmente si trova presso la Rice University di Houston, in Texas, come docente di scrittura creativa.
Sulla fascetta di questo suo ultimo “L’anniversario” (2025, Feltrinelli, pagg.128 euro 16) si legge “Ci si può liberare dai propri genitori? Del male che ci hanno fatto? Senza ritorno e senza appello? È una domanda scandalosa. Andrea Bajani la affronta da scrittore, in un libro scandalosamente calmo. Emmanuel Carrere”.
Il grande scrittore francese sintetizza con limpida sintesi una narrazione implacabile che ci porta in un universo familiare dove per decenni si consuma un processo di deterioramento progressivo dei rapporti interni attraverso i quali il protagonista narratore matura la decisione che lo porta, a dieci anni di distanza dall’abbandono, a riepilogare gli accaduti.
Famiglia romana trasferita in Piemonte (i genitori con un figlio, il narratore, ed una figlia) al seguito del lavoro del padre, fin dal suo formarsi è stata contrassegnata dal dominio assoluto del capo famiglia nei confronti degli altri componenti in un desiderio feroce di distruzione delle singolarità a favore del potere assoluto del prevaricante.
Nella riflessione del narratore emergono, al di là delle varie situazioni che negli anni si verificano, l’attenzione particolare e la certosina ricostruzione del ruolo della madre e del suo progressivo collocarsi in uno spazio che mostra il più assoluto deserto di emozioni, una volontaria sottomissione che appare come unica possibilità di sopravvivenza.
In una sorta di referto la narrazione si sviluppa con scarna ma metodica puntualità sui cambiamenti progressivi che porteranno alle diverse scelte dei figli.
Il decennio che costituisce l’anniversario dell’abbandono da parte dell’io narrante diventa la riflessione lucida ed accorata, quanto inevitabile e decisiva, di una rappresentazione che gela il sangue nella sua progressione implacabile verso un finale che non individua i protagonisti nell’anagrafe (nessun nome per nessun personaggio) ma provoca inevitabilmente nel gelo determinato la necessità di qualsiasi mezzo possibile debba essere rinvenuto per poter andare avanti. Il romanzo sembra costituire la terapia giusta. Tanto terribile quanto efficace colpisce al cuore per curare la mente.
Ariodante Roberto Petacco