L’America di Trump e Musk può  essere una minaccia per l’Europa?

Alla vigilia dell’insediamento alla Casa Bianca del nuovo presidente, Donald Trump e Elon Musk agitano la politica europea con dichiarazioni aggressive. Come risponderà un’Unione Europea istituzionalmente debole? E quanto può essere vantaggiosa per l’Italia l’aperto sostegno di Meloni al nuovo corso americano?

La recente visita della presidente del Consiglio, Meloni, al presidente eletto degli Stati Uniti, Trump, in Florida (Foto Presidenza del Consiglio dei Ministri)

Fino a qualche settimana fa i leader europei si chiedevano se Trump sarebbe stato disposto a difendere il continente in caso di un’aggressione russa.
Ora, però, il dubbio riguarda la possibilità che sia lui stesso una minaccia per l’Europa, per le sue istituzioni e per il suo modello democratico, che già mostra tutti i segni della sua crisi interna.
Non solo: in Europa si pensava che dal 20 gennaio avrebbero dovuto solo fare i conti con l’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca.
E invece si ritrovano a dover gestire sia le sue dichiarazioni incandescenti, sia l’attivismo mediatico di Elon Musk, ben prima del passaggio di consegne a Washington.
La settimana scorsa è stata intensa.
Il presidente eletto ha minacciato il ricorso alla forza contro la Danimarca, un paese membro della Nato, se dovesse rifiutarsi di “vendergli” la Groenlandia, che abbonda di minerali fondamentali per la transizione ecologica e che diventa strategica di fronte alle ambizioni cinesi nel Polo Nord, mentre l’artefice della sua vittoria nella corsa presidenziale – che, particolare non da poco, farà formalmente parte della amministrazione statunitense come capo di una commissione governativa sull’efficienza della spesa pubblica – fa campagna elettorale per l’estrema destra in Germania e nel Regno Unito.

La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, con Elon Musk (foto Presidenza del Consiglio dei Ministri)

Nella Germania al voto anticipato il 23 febbraio, Elon Musk ha invitato a votare per Alternative für Deutschland (Afd, estrema destra neonazista) durante una conversazione con la copresidente del partito Alice Weidel sul social network X, di cui è proprietario.
Durante la discussione con Weidel, Musk, che in precedenza aveva dichiarato che il cancelliere tedesco Scholz è un “idiota assoluto”, ha ribadito la sua convinzione che “solo l’Afd può salvare la Germania”.
In Gran Bretagna Musk ha rispolverato uno scandalo del 2014, relativo ai gruppi di maschi, prevalentemente di origine asiatica, che per anni in diverse città dell’Inghilterra settentrionale adescarono e abusarono sessualmente di centinaia di bambine e ragazze tra gli 11 e i 16 anni d’età.
Impiegando il suo social in una campagna fatta di bugie e informazioni false e distorte, Musk ha chiesto le dimissioni e addirittura l’incarcerazione del primo ministro Keir Starmer, all’epoca procuratore generale d’Inghilterra, nonostante diverse inchieste indipendenti conclusero che non vi fu alcun insabbiamento e che il leader laburista promosse una maggiore incisività delle indagini.
Per Musk, tuttavia, Starmer è stato “profondamente complice degli stupri di massa in cambio di voti”.

Panorama di Nuuk, la principale città della Groenlandia

Le esternazioni di “Trusk” – il neologismo che fonde i nomi di Trump e Musk – assumono significati ben precisi, secondo molti osservatori. Le dichiarazioni di Trump sulla Groenlandia, il Canale di Panama e il Canada, che vorrebbe annettere agli USA, rientrano in un disegno anticinese, parte integrante del “fare l’America nuovamente grande”, che non guarda in faccia nemmeno all’Europa, che per Musk incarna un vecchio mondo.
Troppo “socialista”, troppo burocratico e soprattutto troppo regolamentato per il suo capitalismo senza limiti. Un sistema da abbattere, in poche parole.

Il Canale di Panama

E il Vecchio Continente come reagisce a questo connubio sconvolgente tra i nuovi padroni del capitalismo americano (non solo Musk) e il sovranista eletto alla Casa Bianca?
La Commissione europea per ora è trincerata in un silenzio imbarazzante, figlio delle sue debolezze istituzionali e della subalternità politica agli Stati Uniti, diventata palese con l’invasione Ucraina.
Ma c’è chi nota che il silenzio non potrà durare a lungo, visti gli interessi dell’alleanza Trump-Musk per la regolamentazione in Europa delle piattaforme tecnologiche e per la vendita di sistemi di difesa satellitare di Space X.
I singoli Stati procedono in ordine sparso: Germania, Francia e Polonia invieranno negli Stati Uniti i propri ministri degli esteri poco dopo l’insediamento di Trump: due paesi in profonda crisi politica e un terzo con quasi metà elettorato che guarda con favore a forze sovraniste.
Il Regno Unito post Brexit tenta di riallacciare i ponti con l’Europa (la scorsa settimana Starmer ha incontrato Macron), prendendo atto che il tempo delle relazioni speciali angloamericane è finito.
Tra i grandi paesi europei solo uno si candida apertamente a fare da ponte tra “Trusk” e l’Europa: l’Italia. Voluta da Von der Leyen nella maggioranza di Bruxelles, Meloni è palesemente schierata con Trump, difendendo anche le sue dichiarazioni sulla Groenlandia, sostenendo che erano dirette contro la Cina, e sta trattando con l’amico Musk l’acquisto di un sistema satellitare analogo all’europeo Iris 2.
La presidente del consiglio è convinta di poter trarre vantaggio dal diventare il principale interlocutore di Trump in Europa. Per il momento ha ottenuto un indiscusso successo diplomatico con la liberazione, attesa da tutti, di Cecilia Sala.
Ma domani, l’Italia quanto avrà da guadagnare da questa intesa?

(Davide Tondani)