La cura del malato nella storia

L’evangelista Luca era medico. Nel 325, dal Concilio di Nicea, l’ordine di istituire xenodochi

Noi cattolici crediamo che il Paradiso lo guadagniamo con la fede e con le opere buone. A catechismo abbiamo imparato che fra le sette opere di misericordia tutte rivolte al bene delle persone, c’è visitare e curare gli ammalati.
Siamo in giornate inquiete tra gli altri seri motivi anche per i problemi della sanità pubblica. Ci è venuto in mente di fare una molto sintetica ricognizione per trovare notizie sulla cura del malato.
Nei primi secoli certamente i nuovi seguaci di Cristo sono stati in fraternità e di sicuro hanno aiutato gli infermi. Lo possiamo dedurre anche dal fatto che l’evangelista Luca è medico. I vescovi dal concilio di Nicea del 325 ricevettero l’ordine di istituire in ogni città sede di diocesi uno xenodochium, un luogo dove pellegrini e poveri bisognosi potessero essere ricoverati e curati.
Le limitate fonti disponibili fanno capire che la purezza e la solidale amicizia dei cristiani dei primi secoli andò deteriorandosi, i rimedi erano poco efficaci, le competenze scientifiche erano scarse e precarie, prevalente era una lettura magica della vita naturale anche della specie umana.

Il vecchio ospedale di Parma nel centro cittadino (da Wikipedia)

Le conoscenze e i metodi erano un patrimonio soprattutto nelle mani del clero in modo quasi esclusivo avendo esso il dominio culturale; un’eccezione al femminile è nel XII sec. Ildegarda di Bingen coi suoi sapienti scritti di medicina.
Erano frequenti le epidemie con numeri altissimi di morti. L’orrore del contagio faceva saltare tutto, una cronaca della grande peste di Giustiniano nel sec. VI dice che per il terrore le mamme arrivavano ad abbandonare i figli e lo conferma Boccaccio nell’Introduzione al Decameron: incredibile l’individualismo di ognuno per sé dimostrato nella peste nera del 1348.
Già nella medicina empirica di età classica era mancata una coscienza sanitaria collettiva che portasse a costruire edifici pubblici per ricovero e assistenza ai malati. Abbandonati a se stessi erano i matti e i lebbrosi; quando S. Francesco osa toccarli in lui scatta il cambiamento radicale di vita, sua e della chiesa.
Ancora da fonti storiche e letterarie ricaviamo che fino all’età contemporanea i governi non provvedevano alla salute dei sudditi o cittadini che fossero. Manzoni nel suo gran romanzo lo testimonia ancora nel XVII sec. Fu dunque la carità privata praticata dai consacrati alla vita religiosa o da qualche laica associazione operare per la salvezza eterna curando gli infermi, proprio a Firenze sorge nel sec. XIII la Confraternita della Misericordia, presto diffusa anche a Pontremoli e tuttora molto attiva in aiuto alla sanità pubblica, anche se all’origine sorse per seppellire i morti.
Nel tempo della Riforma cattolica elaborata nelle sedute del Concilio di Trento chiuso nel 1563, un rinnovamento fecondo fu la fondazione di ordini religiosi, due dediti a curare gli infermi: i Fatebenefratelli del 1572 del portoghese San Giovanni di Dio e i Camilliani fondati nel 1585 da San Camillo de Lellis tutti tesi all’esercizio della carità verso gli infermi; pure i Cappuccini nati nel 1528 passarono anche a curare i malati.
Nel romanzo Manzoni affida ai Cappuccini la cura dei colpiti dalla peste del 1630 isolati nel lazzaretto. Finalmente nel Settecento la tutela della salute è riconosciuta diritto naturale per tutti e gli Stati se ne occupano fino ad arrivare a costituire i Ministeri della Salute; in Italia fu con la nascita della Repubblica nel 1946.

Da Pontremoli a Pietrasanta e a Levanto, luoghi di cura e di accoglienza nel territorio della Lungiana Storica

Foto aerea dell’area della Chiesaccia. Scattata nel maggio scorso mostra molto bene l’erosione compiuta dal fiume Magra sul terreno del promontorio la cui asportazione non si ferma e lascia scoperte le “lame” di roccia protese nel fiume (Foto Chiara Forni)
Foto aerea dell’area della Chiesaccia. Scattata nel maggio scorso mostra molto bene l’erosione compiuta dal fiume Magra sul terreno del promontorio la cui asportazione non si ferma e lascia scoperte le “lame” di roccia protese nel fiume (Foto Chiara Forni)

Nella Lunigiana storica da Pietrasanta a Levanto fin dai primi secoli della cristianizzazione accanto a chiese, oratori e luoghi pii,conventi erano prestate anche le cure mediche disponibili. Grosso il numero di ospedali che si ricava dal II volume dell’opera “Da Luni a Massa Carrara-Pontremoli” di Franchi e Lallai edito per il giubileo 2000. Sono schedati nei 23 vicariati 51 “ospedali”.
In val di Magra ne elenchiamo alcuni: Tendola prima del XIII sec. con infermieri; a S.Stefano e a Ponzano due ospedali dipendenti dalla Compagnia di S. Leonardo di Limoges, Sillano forse fondato da Matilde di Canossa, Ceserano, Soliera, Fivizzano con due ospedali di S. Antonio abate, il vecchio forse fondato da Spinetta morto nel 1352 e gestito poi dai Canonici Regolari di S. Antonio abate di Vienne, fu centro di cappelle e ospedali e disattivato quando nel 1724 fu costruito il nuovo ospedale, Groppofosco un ospedale presso la “chiesaccia” è registrato nelle Decime del 1187 e poi bonifaciane, a Villafranca dedicato a S. Antonio accanto al convento, a Cervara un ospedale fondato nel 1328, a Montelungo dell’VIII secolo, restano le mura.
A Pontremoli due ospedali dedicati a S. Antonio abate, uno a sud, non più esistente come quello a nord, che aveva assorbito gli ospedali di S. Giovanni B. e Leonardo. Nel 1606 vennero i Carmelitani nel convento che diventò sede del vecchio ospedale. Pracchiola dipendeva dalla pieve di Saliceto come anche il Luogo Pio dell’antico ospedale di S. Lorenzo poi diventato lazzaretto. A prendersi cura degli infermi anche le confraternite: Misericordia a Pontremoli, i Fatebenefratelli venuti a Filetto nel 1653, i cavalieri del Tau, l’abbazia San Caprasio ad Aulla.

Maria Luisa Simoncelli