
Si è tornati a vivere a Pontremoli le stazioni quaresimali così come avveniva in passato. La prima celebrazione domenica 18 febbraio nella chiesa di San Nicolò
Le stazioni quaresimali sono pratiche religiose che hanno origine a Roma nei primi secoli dell’era cristiana. Si svolgevano inizialmente non soltanto in Quaresima ma anche in altri momenti liturgici dell’anno e significavano anzitutto per i credenti lo “stare” in raccoglimento e in preghiera presso i luoghi in cui si trovavano le reliquie dei martiri. Il loro sangue versato e la loro testimonianza avevano funzione di simboleggiare il dono incondizionato della propria vita a Cristo, Maestro e Signore.
Ma si può comprendere ancora meglio la pratica delle statio prendendo ad esempio il significato che il loro contesto assume in ambito militare dove, per le sentinelle che vigilavano l’accampamento, erano fondamentali l’attenzione e il vegliare notturno per essere sempre pronte a respingere eventuali attacchi nemici.
In epoca antica era anche tradizione che le “stazioni” avessero inizio e sosta presso una chiesa romana e quindi processionalmente, invocando l’intercessione dei santi, ci si recasse presso un’altra chiesa dove avveniva una celebrazione.
Era tradizione inoltre che a queste cerimonie partecipasse anche il vescovo di Roma, cioè il Papa. Ancora adesso, nell’alveo dei secoli e della storia, in occasione della celebrazione del Mercoledì delle Ceneri, il Papa prende parte alla statio sul Colle Aventino dove, partendo dalla Basilica di Sant’Anselmo e proseguendo in quella di Santa Sabina, si apre solennemente il cammino quaresimale.

Anche nel vicariato di Pontremoli fino a qualche anno fa i fedeli erano soliti raccogliersi in preghiera presso le varie chiese locali per pregare e prepararsi alla Pasqua, ormai vicina. Quest’anno, su iniziativa dei parroci della città e rispondendo all’invito di Papa Francesco di dedicare “alla preghiera” questo particolare anno in preparazione al Giubileo del 2025, facendo tappa a rotazione nelle varie parrocchie di Pontremoli (durante la celebrazione vespertina delle domeniche di Quaresima) si è tornati a vivere le stazioni quaresimali così come avveniva in passato.
Il primo incontro ha avuto luogo domenica 18 febbraio nella chiesa di San Nicolò. Questa è la sede parrocchiale più antica della cittadina e, al tempo stesso, ospita al suo interno la venerata immagine del Cristo Nero, la cui festa (domenica 14 settembre 2025), sarà per il nostro territorio il momento più significativo per vivere solennemente il Giubileo.
Alla presenza del parroco moderatore dell’Unità Pastorale, don Graziano Galeotti, la celebrazione e la riflessione sono state guidate dal coparroco don Pietro Pratolongo.
Il motto del prossimo Giubileo, dal titolo “Pellegrini di Speranza”, ha suggerito al celebrante di soffermarsi attentamente sulla dimensione della speranza cristiana. Ha ricordato che il termine “pellegrinaggio” non vuole intendere soltanto quei momenti che, durante ogni Anno Santo, portano i credenti a Roma, ma come la nostra vita sia un continuo pellegrinaggio. Un percorso che necessariamente stimola a guardare “avanti” e durante il quale possiamo scoraggiarci (a causa di esperienze negative) ma la speranza ci stimola a fare i conti con Dio e il nostro futuro.
Citando poi il salmo del Buon Pastore, il sacerdote ha affermato che avere speranza significa sapere che davanti a noi cammina “qualcuno”. Una presenza che non ci lascia e che ci sostiene sia nei giorni facili come in quelli difficili.
Ogni giorno infatti “spe salvi facti sumus” cioè, come afferma San Paolo nella lettera ai Romani, veniamo salvati dalla speranza. E questo avviene soprattutto grazie alla presenza dell’angelo custode che Dio ha voluto accanto a noi per “custodirci” sempre.
Nel nostro tempo, spesso la speranza viene dimenticata a causa della tecnologia, della scienza, della medicina… ma queste cose non risolvono la domanda sul “senso della vita” poiché, come affermava un filosofo, anche se dessimo risposta a tutte le leggi le questioni dell’esistenza però “non sarebbero sfiorate”.
È così che la speranza ci porta sì a guardare al futuro ma vivendo la realtà del presente perché, anche se siamo soggetti a fallimenti, non siamo destinati al nulla ma alla mano di Dio. È questa la stessa certezza di Gesù che muore in croce, “Padre nelle tue mani consegno il mio Spirito”… una speranza che cambia il modo di vivere e guarisce il cuore poiché lo riempie dell’amore di Dio.
Tutto il resto non serve se non a “guarire” l’uomo esteriore che, nel mistero di Dio, riscopre il perdono. Un dono che la misericordia e la compassione del Padre ci offrono, nella certezza che le nostre vite saranno salvate.
Fabio Venturini