Domenica 25 febbraio – Seconda di Quaresima
(Gen 22,1-2.10-18; Rm 8,31-34; Mc 9,2-10)
Il cammino quaresimale e la passione cruenta di Gesù sono illuminati dalla luce della Trasfigurazione. Prima della sofferenza Gesù dà prova della sua gloria ai discepoli, e la liturgia della Chiesa ci rappresenta questo avvenimento per far splendere una luce soprannaturale nel cammino penitenziale.
1. Facciamo tre capanne. Lo splendore della visione è stato tanto coinvolgente che Pietro vorrebbe non vederne la fine. Si dimentica di tutto, non vorrebbe tornare alle sue occupazioni, è disposto a fare tre ripari di fortuna per i tre personaggi; lui e gli altri due discepoli potrebbero anche dormire per terra all’aperto, pur di non perdere un attimo della visione paradisiaca.
Povero Pietro! Voleva fare pasqua prima della quaresima. Bisogna scendere dal monte, bisogna purificarsi, e qualche volta anche l’esperienza del peccato aiuta ad avere una fede più autentica.
Se Pietro non avesse tradito Gesù, sarebbe rimasto nella convinzione della sua forza, e la bellezza della trasfigurazione sarebbe stata per lui un possesso dovuto e non conquistato.
2. Non sapeva infatti che cosa dire. Questa è la situazione di chi ha incontrato Gesù ed è rimasto abbagliato: non ci sono parole adeguate, non ci sono motivazioni adatte per spiegare alcune scelte di vita, perché chi sta al di fuori non è sulla lunghezza d’onda adatta a comprendere.
Tale è la situazione per chi è entrato in una vita di consacrazione particolare: lui non si pente, chi è rimasto fuori non comprende. I ragionamenti umani non si incontrano, perché da una parte si dice: Ma chi te lo fa fare?, dall’altra si risponde: Se tu conoscessi il dono di Dio…
3. Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo! Gesù non è abbandonato dal Padre, ma viene da lui presentato nella sua dignità di Figlio, con la conseguenza di essere rivelatore del Padre e con la necessità di essere ascoltato. “Dio nessuno lo ha mai visto, solo il Figlio unigenito lo ha rivelato”.
Già nel Primo Testamento ricorre il lamento: “Se ascoltaste oggi la sua voce! Non indurite il cuore” (Sal 95,8), e nel Nuovo Testamento: “Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, quello che porta alla pace!” (Lc 19,42).
La voce udita dai discepoli, quella che parla della dignità del Figlio e della necessità di ascoltarlo, è quanto mai attuale in ogni tempo, anche oggi, per clero e laici. Gesù è l’unico messia, l’unico rivelatore.
Perché cercare un nuovo rivelatore, che va bene solo quando corrisponde ai nostri gusti, ma non è accettabile quando dice cose da noi non condivise?
Quante volte ci facciamo un Messia a nostra immagine? Inoltre la sua parola rimane per sempre: non è adattabile ai gusti del momento o alle sensibilità variabili.
San Francesco ci insegna a leggere il vangelo così come è scritto e a seguirlo alla lettera. È inutile il confronto fra tanti messaggi: quando troppi galli cantano, non viene mai giorno.
† Alberto