Mercoledì 17 gennaio, nel greto del fiume Magra a Pontremoli, nonostante il meteo avverso, si è rinnovata la tradizione con lo spettacolo della pira con fiamme altissime
La tensione è alta tra i fuochisti di San Nicolò. Piove e il vento, a sprazzi, scaglia le gocce di pioggia sotto il ponte Pompeo Spagnoli, bagnando la gente che credeva di aver trovato riparo.
I responsabili dell’accensione iniziano a dare ordini secchi e senza tentennamenti, ora non si canta, né si scherza; è arrivato il momento più importante di tutte le fasi del falò: l’accensione della pira. Bisogna sfilare con calma i teloni, per non rischiare che si impiglino tra i rami più esposti e smuovano gli “ulsi”.
È buio e anche con i fari il paesaggio, rispetto al giorno, cambia prospettiva. Tolti tutti i teloni, liberato lo spiazzo intorno alla pira, il gruppo di fuochisti si rintana dentro la baracca per seguire gli ultimi consigli dei più esperti.
La gente può ammirare la pira alta e magistralmente costruita come da tradizione, un vero spettacolo, un’emozione intensa! Le torce vengono distribuite scandendo i nomi dei fuochisti e infine le due file sono pronte a circondare il falò.
La pioggia cade senza pause e il vento inizia a salire di intensità. I fuochisti si dispongono alla base del falò, aspettando l’ordine più importante: fuoco! “Lò,lò,lò”, gridano all’unisono: “Evviva San Nicolò, evviva il Vaticano, abbasso San Geminiano”.
Il momento è arrivato: il fuoco delle torce si ingrandisce dentro la base di paglia e di “ulsi”, il fuoco crepita violento, aggredendo la base del falò e trasformandosi in alte fiamme. È il momento di scappare dal fuoco, perché ora, è il solo protagonista della scena.
Le fiamme si alzano alte nel cielo, la pioggia non può fermarle, ma il vento, birichino, arriva nel momento cruciale, facendo roteare il fuoco come un mulinello. Lingue infuocate si intersecano fra loro dando origine a figure e a immagini maestose, come opere d’arte, che rendono ancora più magico l’evento … una magia che solo fuochisti “Nicolini” sanno fare! Tutta la pira è ormai avvolta dalle fiamme e le scintille si alzano nel cielo.
Il vento ripropone un altro scherzetto: soffia verso il ponte, portandosi dietro le scintille incandescenti. La gente si sposta come può, ma non vuole perdersi lo spettacolo, il rituale che ogni anno offrono i “contradaioli” di San Nicolo’.
Le case del borgo e il fiume si illuminano come un presepio. Il falò continua a bruciare, tra grida di gioia, sfottò, fuochi d’artificio. Nonostante il maltempo che da un po’ di anni si presenta il diciassette gennaio, e che non aiuta i fuochisti, le fiamme si sono levate alte e maestose.
Cinque giorni di lavoro intenso, hanno amalgamato tante persone entusiaste; sono arrivati giovani, giovanissimi, che fanno ben sperare che la tradizione abbia un futuro. Nell’armonia che si è creata, molte sono le idee da portare avanti, anche nel ricordo e nel rispetto di chi non c’è più.
Quest’anno l’articolo non è stato scritto, come di consueto, dal “tifoso storico” Tonino Ricci, la cui penna graffiante mancherà a tutta la nostra comunità. Ci mancherà una “vecchia guardia” come Franco Tognarelli, ma siamo sicuri che avranno goduto dello spettacolo insieme ad Angiolino, Orazio e tanti altri, che nel tempo, hanno portato avanti la tradizione del falò.
Il fuoco, lentamente si assottiglia, le braci rimangono vive, il palo è nudo; un altro rito è stato bruciato con la speranza che, come il fuoco degli antichi, porti pace e prosperità. Ne abbiamo bisogno. Il banchetto della parrocchia aspetta di festeggiare i fuochisti, nello spiazzo dedicato a Don Antonio Spinetti.
Gli ultimi canti liberatori si confondono nel vento e nella pioggia e qualcuno pensa già al prossimo falò…
Domenico Bertoli