Domenica 4 giugno – Solennità della SS.ma Trinità
(Es 34,4-9; 2Cor 13,11-13; Gv 3,16-18)
Finite le celebrazioni pasquali con il giorno di Pentecoste, prima di riprendere il Tempo Ordinario facciamo memoria solenne di alcuni misteri presenti in ogni celebrazione: la SS.ma Trinità, il Corpus Domini, il Sacro Cuore.
1. Dio ha dato il suo Figlio unigenito. Per essere in grado di parlare di Dio, è necessario averlo prima ascoltato, perché è Lui che ha preso l’iniziativa di mandare il Figlio per parlare al cuore dell’uomo. Nel Figlio si rivela il volto di Dio, volto di amore, di misericordia, di perdono, non di condanna. Il cuore di Dio non si penetra con ragionamenti umani, ma con l’esperienza dell’amore, in un cammino di umiltà e di ascolto. Quando la persona incontra la luce della verità, si accorge che è una luce di amore, scompaiono le polemiche, diventa possibile capirsi l’un l’altro o almeno parlare l’uno con l’altro. Dove c’è la luce dell’amore, non c’è posto per le tenebre della ragione; l’amore ama, l’amore va oltre la riflessione, perché l’amore vede più della ragione.
2. Chi crede in lui non è condannato. Il Figlio è stato mandato dal Padre per proclamare la misericordia divina, è venuto per i peccatori, per chi si riconosce tale. Questo non significa che il peccato sia tollerabile, ma che una vita santa è la conseguenza di una esperienza d’amore con il Signore. La santità è la gioia di chi non si sente condannato, ma perdonato. Non la proclamazione della verità dal pulpito o la condanna senza appello, ma la misericordia è l’anima della nuova evangelizzazione. In conseguenza di ciò, solo chi fa continuamente esperienza di questa misericordia in un incontro sempre più profondo con il Signore Gesù diventa valido collaboratore con Lui nel portare al mondo il messaggio dell’amore.
3. “Siate gioiosi, tendete alla perfezione, vivete in pace”. L’esortazione di San Paolo trova riscontro nella fede pasquale, nel credere in Gesù senza averlo visto e senza vederlo ancora. È la fede che genera la speranza e la gioia. Gli occhi della mente non vedono il Signore, ma esattamente il contrario, cioè il trionfo del male. Invece la fede è gioia esultante, indicibile. Per il fatto che sta al di sopra delle possibilità umane, non può venir compresa con i concetti normali né descritta con parole comuni. Facendo aderire il fedele al Cristo mediatore, la fede apre la sola possibilità autentica di trasformare l’esistenza per mezzo della carità divina, cosa che non può ottenere da solo lo sforzo dell’uomo peccatore. La condanna, la separazione da Dio ci è risparmiata dalla efficacia unica della missione sacerdotale di Cristo che introduce realmente gli uomini nella comunione con Dio. Bisogna prima che l’uomo “creda in Lui”, sia trasformato e che la sua coscienza sia “purificata dalle opere morte”, e questo si ottiene con la mediazione di Cristo sacerdote. La fede resta sempre il primo atteggiamento cristiano.
† Alberto