Il dl del 1° maggio  tra esaltazioni e critiche
Il problema del lavoro tra i giovani e la sfiducia (Foto Siciliani/Gennari-SIR)

Appena sfornate, le “Misure urgenti per l’inclusione sociale e l’accesso al mondo del lavoro”, approvate dal Governo il 1° maggio con un decreto legge che dovrà poi essere approvato dal Parlamento, e difese ad oltranza dai partiti della maggioranza, hanno già attirato su di sé tutte le critiche possibili e immaginabili da parte dei sindacati e di quasi tutta l’opposizione (e fin qui si poteva dare per scontato), ma anche da parte di enti e studiosi non schierati in modo pregiudiziale contro la Meloni.
In sostanza sono previste ulteriori riduzioni del cuneo fiscale e contributivo; nuove misure di contrasto alla povertà; allargamento delle possibilità di stipulare contratti a termine e anche interventi in materia di sicurezza sul lavoro.
In particolare, ne esce del tutto demolito (secondo promesse in campagna elettorale) il sistema del Reddito di cittadinanza, sostituito da una serie di misure pensate per “far alzare i fannulloni dal divano”. Per favorire l’occupazione dei giovani (in particolare coloro che non studiano né lavorano), il decreto prevede incentivi per i datori di lavoro e “un uso più flessibile” dei contratti a termine (che potranno arrivare fino a 24 mesi).
Detto delle critiche espresse dai sindacati – che sono andate a sommarsi al disappunto per una convocazione arrivata solo il giorno prima della discussione del provvedimento e per la prova di forza messa in campo dal governo con la convocazione dei ministri nel giorno da sempre riservato alle manifestazioni dei lavoratori – e dei duri giudizi espressi soprattutto da Pd, M5s e Sinistra, può risultare utile dar conto di due interventi che non possono essere catalogati come “di parte” tout court.
In un articolo affidato ad Agensir, il direttore di Caritas Italiana, Marco Pagniello, evidenzia il fatto che l’Assegno per l’inclusione (Adi) introdotto dal dl “copre solo alcune categorie specifiche di persone in povertà”, mentre lo Strumento di l’attivazione (Sda) “adotta il requisito anagrafico (tra i 18 e i 59 anni) che non sempre è di per sé un criterio di occupabilità”.
Ne risulta che “la protezione dalla povertà viene garantita solo ad una particolare fascia di popolazione”, mentre una misura di questo tipo dovrebbe “assicurare a chiunque cada in povertà il diritto ad una vita dignitosa, fino a quando persiste la condizione di bisogno”.
Da parte sua, l’economista Stefano Zamagni, sempre su Agensir, lamenta il fatto che il decreto non abbia “un orizzonte temporale capace di affrontare i problemi strutturali. Affronta solo i problemi contingenti legati a emergenze di vario tipo”.
“L’abbattimento del cuneo fiscale va benissimo” ma dura solo 6 mesi. Il Reddito di cittadinanza, passata l’emergenza, doveva essere modificato, ma “gli importi [del nuovo assegno] sono bassi e non si sa quanto può durare”.

Antonio Ricci