Come dicono i test Invalsi, la dispersione e un livello di ignoranza crescente, la scuola non è in salute. Ma solo una minoranza si preoccupa di trovare rimedi. I più sembrano ignorare che, senza una buona scuola, i danni per la società saranno irreversibili. Insomma, per definirsi “buona”, la scuola deve essere semper reformanda.
A questo proposito ho di fronte a me una preziosa pubblicazione che tutti, non solo gli addetti ai lavori, dovrebbero leggere. Fiaccole non vasi a cura di Alessandro Vinci e Gianna Fregonara, (Rubbettino ed. 2023, 15,20 euro) è una raccolta di contributi e proposte utili a contrastare rassegnazione, indifferenza e passività. La riforma Gentile compie cento anni (1923), ma ancora si stenta ad eliminare le scorie del nozionismo, delle valutazioni basate sugli errori e di una burocrazia sempre più invadente. La scuola gentiliana ruotava attorno alla figura del professore, autorevole e inflessibile, incaricato di trasmettere sapere e valori.
Gli studenti, costretti a seguire in silenzio lezioni di carattere frontale, erano, dunque, vasi da riempire. Molte cose in un secolo sono cambiate, ma siamo sicuri che lo studente sia considerato, oggi, una fiaccola da far ardere di curiosità, di interesse, di passione? La mappa dell’insegnamento è stata aggiornata?
Fiaccole non vasi può essere d’aiuto a dare risposte che, vista la complessità dei problemi, devono essere adeguate. Certo, con il vento avverso di questi tempi non è facile accendere fiaccole né ci sono ricette magiche. Si deve procedere per tentativi ed errori. Ma senza passione non si ottiene niente. In ogni caso al centro va messa la persona dello studente con le sue fragilità, con una carica emotiva incontrollata, con forti difficoltà di concentrazione. In questo contesto l’insegnante non è giudice, ma accompagnatore spinto dalla ambizione di lasciare, come vuole l’etimologia della parola, un segno.
Per in-segnare, bisogna credere nel proprio lavoro, ascoltare, correggere senza umiliare, preparare alla vita e alla faticosa vicenda di cadute e di riscatto, di stanchezza e di successi. Insegnare è un’arte che non può essere estranea ai grandi temi dell’esistenza, della persona, della società, della politica, della natura, della scienza. Indifferenza e neutralità portano al fallimento.
Si salva solo la guida che è capace di empatia (Galimberti), che si fa seguire dagli allievi stimolandone la curiosità, madre di domande che cercano risposte. La buona scuola sarà quella in cui non si trasmettono verità già confezionate, ma che abitua allo spirito critico, al dubbio, al dialogo, al rispetto. Basta con la logica binaria giusto-sbagliato, vero-falso, utile-inutile. Il percorso per arrivare a conoscersi e a ragionare con la propria testa non è questo. Fiaccole non vasi è un manifesto della buona scuola.
Dalle testimonianze di docenti che operano in situazioni difficili (ospedali, carceri, San Patrignano, rioni degradati) vengono validi suggerimenti e nuovi stimoli. I contributi di studiosi del calibro di Galimberti, Novara, Saudino contengono chiare indicazioni sulle strade da lasciare o da percorrere. So per esperienza quanto sia difficile il compito dell’insegnante, ma non meno lo è quello del ragazzo che si avvia a diventare uomo nella società del consumo e delle immagini. La scuola sappia essere il luogo del confronto fra Homo videns impoverito nella capacità di leggere, capire, valutare e Homo sapiens ricco di quella humanitas che gli scrittori greci e latini ci hanno lasciato in eredità.
Pierangelo Lecchini