Polemiche frettolose sul “debate” del Classico di Aulla

Per il richiamo alla ricorrenza del 25 Aprile, ma non si è compresa le metodologia dietro a questo dibattito

Un momento di un "debate" al Classico di Aulla
Un momento di un “debate” al Classico di Aulla

Succede che gli studenti del Liceo Classico statale “Leopardi” di Aulla siano stati chiamati, tramite una circolare interna, a partecipare a un dibattito, che si sarebbe dovuto tenere giovedì 27 aprile nella sala Consiliare del Comune di Aulla. Il titolo del dibattito, di cui alcuni studenti provenienti dalle tre sedi dell’Istituto “Da Vinci” sarebbero stati protagonisti, sarebbe dovuto essere “Noi riteniamo che non sia più opportuno che il 25 aprile venga celebrato come una festività nazionale”. Sarebbe facile gridare allo scandalo e accusare Preside e professori con le peggiori illazioni. Così, purtroppo, è stato. E così, purtroppo, abbiamo capito che di certi dibattiti c’è ancora bisogno. Per comprendere meglio i termini della questione, però, bisogna precisare che quel “dibattito” era in realtà un “debate” e che quel titolo, tecnicamente, era un “topico”. Il debate di cui si sta parlando non è altro che una metodologia didattica per la quale i dibattenti, in questo caso gli studenti, vengono divisi in due squadre, chiamate a sostenere rispettivamente le posizioni “pro” e “contro” rispetto a un dato tema, in questo caso se sia ancora opportuno celebrare il 25 aprile come festività nazionale. Per più di un decennio i licei lunigianesi hanno sfruttato questa metodologia, stimolando e sviluppando le capacità di argomentazione, confutazione e dialogo dei propri studenti.

Ed è più di un decennio che la Lunigiana è conosciuta a livello nazionale come il luogo nei cui licei si formano alcuni dei migliori debaters d’Italia. Ma un albero che cade fa più rumore di una foresta che cresce. E per una serie di coincidenze è successo che la questione diventasse rilevante a livello nazionale, costringendo la Preside ad annullare l’evento. L’Istituto Da Vinci mi ha offerto l’opportunità di partecipare a diversi tornei di debate in tutta Europa, nei quali ho dovuto sostenere tesi su cui io in primis non ero d’accordo. Questo perché alla base del debate non c’è una questione di giustizia. Prima di tutto debate è metodo. Non vince chi ha ragione, ma chi dimostra di avere ragione. È una differenza sottile, ma fondamentale. L’obiettivo è creare la linea argomentativa più logica possibile, a prescindere dalle convinzioni personali e dall’etica condivisa. L’inviolabilità del 25 aprile permette di tralasciare il “giusto/sbagliato” e concentrarsi sulla complessità e sul metodo. E non c’è pericolo che un ragazzo si convinca che non è giusto festeggiare il 25 aprile, per due motivi: primo, perché agli studenti viene prima rivelato il topico e, successivamente, la posizione che andranno a sostenere. In questo modo i ragazzi sono obbligati a studiare il tema in modo approfondito e da entrambi i punti di vista, mettendo in discussione se stessi; secondo, perché se la scuola svolge correttamente il proprio compito getta quelle basi di antifascismo e democrazia che mai saranno tradite dagli studenti. Ed essendo stato uno di quegli studenti posso garantire che i nostri licei svolgono il proprio compito in modo eccellente.

Andrea Mori