Oltre metà delle case lunigianesi non sono abitate

I dati del censimento permanente 2019 dell’Istat consegnano un aspetto allarmante della crisi demografica: oltre 25 mila abitazioni in Lunigiana non sono occupate

via Garibaldi dall'ingresso di Porta Parma
via Garibaldi dall’ingresso di Porta Parma
I dati delle abitazioni in Lunigiana
I dati delle abitazioni in Lunigiana

In Lunigiana esistono oltre 50 mila abitazioni e di queste solo il 48,9% sono la dimora abituale di una famiglia residente sul territorio. Il rimanente 51,1% di abitazioni, pari a 25.631 alloggi sono normalmente vuote: case occupate per periodi di ferie o disabitate.

Questi in sintesi i dati pubblicati da ISTAT e rielaborati da Openpolis sul censimento che l’Istituto nazionale di statistica compie in modo permanente dal 2019, cioè da quando sono state abbandonate le rilevazioni generali – l’ultima è stata nel 2011 – in favore di un nuovo censimento basato sui dati di fonte amministrativa e quelli che vengono acquisiti attraverso rilevazioni a campione. Un dato, quello lunigianese, prevedibilmente più alto della media nazionale – in Italia, complessivamente, le case non occupate sono il 30% del totale – e che risente della specificità di un territorio periferico che, come tante altre aree interne soffre dello spopolamento. I dati comunali non fanno che confermare questa tendenza. La percentuale di abitazioni non occupate è più bassa nel comune di Aulla, dove meno di una casa su tre è vuota e aumenta mano a mano che ci si allontana dal centro di gravità della Lunigiana o dai principali comuni di fondovalle, come Villafranca. Nelle aree più periferiche le percentuali di abitazioni vuote raggiunge livelli che vanno dal 67% di Casola al 74% di Zeri, passando per Comano (68,95%) e Bagnone (70,77%). I quattro comuni citati fanno parte del gruppo di 15 comuni toscani con i maggiori tassi di immobili non abitati, assieme ad un paio di comuni dell’Alta Garfagnana e quattro-cinque comuni isolani. Il dato delle abitazioni totali consegna alcune curiosità.

Pontremoli e Fivizzano presentano un numero di unità abitative superiore alla ben più popolosa Aulla: segno dell’ascesa demografica di quest’ultima e dello spopolamento dei due comuni alle estremità nord ed est della Lunigiana. Analogamente la piccola Zeri presenta più unità abitative della ben più grande Podenzana. I numeri dell’Istat consentono di fare alcune considerazioni che legano demografia e società lunigianese e che hanno un risvolto politico e sociale. La prima riguarda l’entità del patrimonio abitativo: a disposizione dei circa 53 mila lunigianesi censiti nel 2019 vi sono 50 mila abitazioni, quasi una per abitante; si tratta di una media che può apparire fuorviante, perché molte di queste case si trovano in frazioni lontane dai centri di fondovalle, quindi non facilmente fruibili e perché una quota di esse probabilmente non raggiunge gli standard qualitativi oggi ritenuti essenziali. Ma al di là di ciò non sarebbe male porsi delle domande sul futuro di questo patrimonio che è non solo edilizio, ma anche storico. Per quanto i discendenti degli emigrati lunigianesi del XX secolo saranno ancora disposti a manutenere le case dei loro avi? Si potrà confidare sulla venuta di nuovi acquirenti dal Nord Europa che si aggiungono ai primi inglesi o olandesi che hanno comprato in Lunigiana?

C’è poi un secondo tema che riguarda prettamente il fondovalle. Solo poche settimane fa (ne abbiamo parlato qua) l’associazione che cura a Pontremoli il progetto Start working, che mira a attirare in Alta Lunigiana nuovi cittadini che cercano una località periferica dove poter lavorare a distanza, lamentano la difficoltà a trovare case da locare ai nuovi candidati al trasferimento. Anche in Lunigiana il mercato delle locazioni subisce la concorrenza degli affitti brevi di Airbnb? Gli affitti in nero sono così frequenti? è ipotizzabile che molti proprietari siano disposti ad accollarsi i costi di una casa permanentemente chiusa? Sono domande che necessiterebbero di approfondimenti per comprendere un fenomeno così complesso.

Da ultimo c’è il tema delle nuove costruzioni e della conseguente alterazione del paesaggio, oltre che del consumo di suolo. Davvero questi numeri giustificano la necessità di nuove costruzioni? L’aritmetica direbbe di no, ma la sensibilità politica quando le giunte comunali mettono mano ai regolamenti urbanistici, le pressioni per nuove costruzioni e la crescita di villette e condomini a cui si è assistito nell’ultimo ventennio un po’ ovunque in Lunigiana suggeriscono che, nonostante costi e imposizione fiscale, la voglia di nuovi edifici è sempre molta, nonostante un sistema economico occupazionale e un mercato immobiliare non propriamente dinamici.

(Davide Tondani)