
Il desiderio di ripresa della vita sociale in una lettera scritta nell’immediatezza della Liberazione dal presidente della Gioventù maschile di Azione Cattolica della Diocesi di Pontremoli e solo recentemente ritrovata

La fine della guerra, nell’aprile del 1945, rappresentò il momento della ripresa della vita sociale oppressa dai lunghi anni della dittatura fascista e dal durissimo periodo dell’occupazione tedesca.
A testimoniare il desiderio di un rapido ritorno alla normalità, nonostante la drammaticità del momento, è una lettera ai dirigenti della Gioventù maschile dell’Azione Cattolica diocesana di Pontremoli, scritta a poche ore dalla Liberazione da Duilio Sordi, trentaduenne presidente dell’associazione, firmata anche dall’assistente generale don Ercole Simonini e dal segretario Mario Trivelloni.
Si tratta di un documento rappresentativo dello slancio con cui tante formazioni sociali, cattoliche o laiche, politiche e non, desideravano rioccupare gli spazi a lungo negati e che è tornato alla luce nel 2022, nel corso delle ricerche per celebrare i 150 anni dalla fondazione dell’AC diocesana.
La missiva, assieme ad altre importanti fonti sulla storia dell’AC lunigianese, è stata ritrovata grazie alla di ricerca di Isabella Bardini nell’archivio diocesano di Pontremoli. La lettera è datata primo maggio; Pontremoli è stata liberata il 27 aprile, quando le divisioni americane sono entrate in città dopo una notte di fuoco con cui gli Alleati avevano piegato l’ultima resistenza dei tedeschi in fuga. Il Duomo, in cui viene celebrato un solenne Te Deum, e le due piazze sono l’epicentro della gioia popolare.

È da quelle ore di festa che prende spunto la lettera: “Carissimi confratelli, nell’abbraccio commovente che ho dato il 27 aprile nella maggiore piazza di Pontremoli a molti giovani reduci dalla dispersione mi pareva di comprendere tutta la gioventù diocesana e di riprendere finalmente quel contatto e quell’attività regolare che da otto anni costituisce la mia missione e la mia preoccupazione”.
Sono quindi passati quattro giorni dalla Liberazione e per la Gioventù maschile di AC è già tempo di guardare al futuro: “Abbiamo trepidato e pianto, abbiamo accompagnato con quotidiane preghiere i cari affidati alle nostre cure – scrive Sordi – ed ora sulle rovine fumanti di città e paesi, sullo strazio dei corpi, sulle lagrime dei dolori, sulla miseria dello spirito, sulla sfiducia del futuro, voli il nostro ardore ai ripari e alle provvidenze più ardenti”. Il presidente diocesano si rivolge ad un’associazione molto radicata sul territorio.
Sebbene la violenza fascista tra il 1928 e il 1931 avesse portato a devastazioni e chiusure di circoli e nonostante la dittatura avesse costretto le associazioni cattoliche ad attività quasi esclusivamente spirituali, secondo le ricerche effettuate nell’Archivio diocesano, nel 1939 l’AC della Diocesi di Pontremoli contava 3.254 iscritti divisi in 144 gruppi. Trentotto di questi, per un totale di 705 soci, facevano riferimento alla Gioventù maschile, già allora presieduta da Sordi.

Nella lettera qui presentata si parla di 55 associazioni, segno evidente che il ferreo controllo fascista prima e i successivi venti mesi dell’occupazione non avevano fiaccato l’attivismo dei laici e dei loro assistenti. I contenuti della ripresa delle attività appaiono già ben delineati.
Sul piano spirituale ed educativo Sordi esorta i giovani di AC a donare (“in simplicitate et hilaritate”, secondo l’insegnamento paolino) luce, amore e ricchezza di spirito. Atteggiamenti che marcano l’esplicita presa di distanza dal totalitarismo fascista: “l’odio predicato finora come non è per il cuore umano in generale, così in modo speciale ripugna al carattere del giovane”.

Ma in quei primissimi giorni di ritorno della democrazia c’è spazio per riflessioni di tipo politico, anche se si tratta “di questioni che direttamente non riguardano l’AC”. La chiamata non è dunque alla militanza politica, ma alla cura della formazione interiore e cristiana che porterà i giovani “nel campo politico e sociale a prendere saldamente quella posizione che è conseguenza delle loro esigenze interiori”.
Parole che saranno sepolte dall’avvio della durissima contrapposizione tra DC e Fronte Popolare, che per volere di Luigi Gedda coinvolgerà l’intera AC, ma che rimangono dense di significato. Il contesto in cui ripartire non è semplice: i dirigenti delle associazioni che – scrive Sordi – “vorrei quanto prima adunati per esaminare i problemi del nostro movimento” vivono in un territorio diocesano che va dallo zerasco e dall’alta Val di Taro fino a Fivizzano e Comano, con collegamenti resi ancor più difficili dai danni del conflitto, ma riallacciare relazioni con “effettivi ed aspiranti” era urgente quanto riattivare il pagellamento dei soci (3 lire per gli aspiranti, 5 per gli effettivi, con diritto alla ricezione della stampa associativa, già riattivata dopo la Liberazione di Roma): c’erano parrocchie, paesi e un’Italia da ricostruire e la gioventù cattolica della Lunigiana voleva fare la sua parte, da subito.
(Davide Tondani)