La ricorrenza ortodossa è stata celebrata anche a Roma, nella basilica di S. Maria in Trastevere
Come lo scorso anno, in Ucraina la Pasqua ortodossa, che secondo il calendario giuliano cade una settimana dopo la Pasqua cattolica, si è celebrata nel sangue, sotto i colpi dei missili, senza tregua. Secondo le cifre date dalle autorità, si sono svolte funzioni in 13mila chiese, protette da oltre 20mila agenti schierati su tutto il territorio nazionale; nella sola città di Kiev le funzioni hanno riguardato 163 edifici religiosi.
Nonostante le precauzioni, però, in un bombardamento avvenuto nella notte della Pasqua, un missile russo S-300 ha distrutto la chiesa di San Michele Arcangelo nel villaggio di Komyshuvakha, nella regione di Zaporizhzhia. Si deve all’indicazione di non svolgere la tradizionale messa notturna di Pasqua a causa della minaccia di attacchi missilistici, se non ci sono state vittime, dato che, in tempi normali, la chiesa sarebbe stata molto affollata.
Il Capo della Chiesa greco-cattolica ucraina, Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk (nella foto Ugcc), nel suo sermone pasquale nella cattedrale patriarcale della Resurrezione di Cristo a Kiev, ha detto che, nella situazione in cui si trova il Paese, gli ucraini sentono “che la storia della morte e risurrezione di Cristo non riguarda solo Lui, ma anche ciascuno di noi”.
“Oggi, nostro Signore”, ha aggiunto, “tende a ciascuno di noi la sua mano destra vivificante, trafitta da un crocifisso” e dice: ‘Io sono la tua forza’”. Quindi ha affermato che “l’Ucraina è sulla via della vittoria, della sua risurrezione”. Da Kharkiv a Donetsk e fino a Odessa, nei sermoni pasquali dei vescovi greco cattolici, sono riecheggiati i dolori del popolo ucraino ma anche la fede incrollabile nella vittoria e nella rinascita di quella terra perché l’aggressore russo ha violato la pace sulla nostra terra”, ha ricordato il vescovo Vasiliy Tuchapets, Esarca della Chiesa Greco-Cattolica Ucraina di Kharkiv, città a 40 chilometri dal confine russo presa costantemente di mira dal fuoco nemico.
“Vogliamo tutti, ha aggiunto, che questa terribile guerra finisca il più presto possibile e che torniamo a una vita tranquilla”. A Odessa, l’esarca della chiesa greco-cattolica, Mykhaylo Bubniy, ha garantito alle famiglie dei profughi che la chiesa li sosterrà e aiuterà sempre in questo difficile periodo della loro vita. A Donetsk il vescovo Stepan Menyok e il suo ausiliare Maxim Ryabukha hanno scritto che “la lotta per la verità, l’indipendenza e l’amore per la Patria sono più forti delle armi, perché Dio è lì presente… Il male non può trionfare sul bene”.
A Roma, nel giorno della Pasqua ortodossa e dei cristiani d’Oriente, è stata la Comunità di Sant’Egidio ad accogliere ucraini ospiti delle strutture dell’associazione ed altri rifugiati provenienti dalla Siria e dall’Iraq, giunti in Italia con i corridoi umanitari, nella basilica di Santa Maria in Trastevere per una preghiera solenne, cui ha fatto seguito un pranzo pasquale di solidarietà nella vicina Casa dell’amicizia. In un clima di grande commozione, accompagnato da canti in lingua ucraina, padre Andriy Vakhruschev ha parlato, nell’omelia, di un “Cristo risorto” vicino alle grandi sofferenze della popolazione: “Oggi Gesù è sceso negli inferni dei Paesi lacerati dalla guerra per condurre a sé i colpiti come lui. E abbraccia la nostra vita, abbraccia i feriti, i dispersi, i prigionieri, chi è profugo e lontano da casa, i fratelli e le sorelle che ci hanno lasciato e che sono accolti nel suo regno di luce e di pace”.