
Secondo Coldiretti sono stati 13 gli attacchi, in varie zone della Lunigiana, con la perdita di 18 capi. Una situazione che crea rischi per il settore agricolo, che è fondamentale anche per mantenere vivi e curati i territori montani
Da Antona a Zeri, dalle Alpi Apuane all’Appennino, l’emergenza predatori monta tra le montagne della provincia di Massa Carrara. In appena due mesi sono state 13 gli attacchi di lupi denunciate dagli agricoltori agli uffici di Coldiretti con la conseguente perdita di 18 capi esclusi i numerosi smarrimenti mentre nel 2022, considerando dodici mesi, erano state 14 con 20 capi uccisi. A denunciare una situazione diventata insostenibile per la pastorizia locale è Coldiretti Massa Carrara che torna a chiedere di definire un Piano nazionale che guardi a quello che hanno fatto altri Paesi Ue come Francia e Svizzera per la difesa dal lupo degli agricoltori e degli animali allevati. La presenza in sovrannumero di lupi ed ibridi sta minacciando insieme alla tenuta degli allevamenti ovini già stritolati dai rincari scatenati dalla guerra, la sopravvivenza di alcune specie ovine considerate in via di estinzione come la pecora zerasca e la capra apuana insieme alla produzione dei pregiati formaggi del territorio come la caciotta della Lunigiana, il formaggio caprino delle Apuane prodotto attualmente da 5 allevatori, il pecorino della costa Apuana, il pecorino della Lunigiane e la ricotta di pecora massese la cui sopravvivenza è legata alla passione di quattro allevatori.

“Le aggressioni alle greggi sono ormai all’ordine del giorno tanto che molti decidono di non denunciare nemmeno più così come gli avvistamenti di lupi e ibridi che sono arrivati ormai fino alle porte delle abitazioni civili. Non ci troviamo di fronte a singoli episodi isolati ma ad una mattanza. – spiega Francesca Ferrari, Presidente Coldiretti Massa Carrara – Le contromisure non sempre sono sufficienti anche a causa del numero di esemplari che popolano i nostri boschi e le nostre montagne. C’è un clima di esasperazione e scoraggiamento tra i pastori che deve preoccupare e deve far riflettere chi è chiamato a tutelare le imprese agricole e le comunità. Le testimonianze anche nelle ultime settimane sono state molte da parte dei pastori che si sono trovati faccia a faccia con il lupo, che hanno visto morire lentamente i cani da guardia ed azzannare i greggi in pieno giorno. Denunciare non può essere la risposta perché una predazione non ripaga mai i danni, il lavoro e la passione”. L’emergenza colpisce quindi vaste porzioni del territorio. A Fivizzano, l’azienda di Mario Fiori ha subito tra il 2 gennaio ed il 21 febbraio 4 predazioni; a Monti di Licciana Nardi l’azienda di Manolo Luchini e del fratello sono state protagoniste di due attacchi in appena una settimana, il 24 gennaio ed il 30 gennaio; ad Antona l’azienda di Rolando Alberti è stata visitata da un branco di lupi il 14 febbraio. L’assedio ai greggi non risparmia le valli di Zeri, terra della pecora zerasca, con cinque predazioni a danni di due aziende: 2 all’azienda di Rita Nadotti il 10 gennaio ed il 19 gennaio, e tre a quella di Paolo Rubini il 2 gennaio, il 5 gennaio ed il 22 febbraio. Certo dalla Regione Toscana c’è l’impegno per l’indennizzo agli allevatori. Ma l’indennizzare le perdite, pur scelta importante, non risolve il problema, poiché disincentiva quanti, con tutta la buona volontà e passione possibili, cercano di operare nel settore della pastorizia. Un settore, in Lunigiana, caratterizzato da piccole aziende a gestione familiare, che, per la loro stessa natura, non sono in grado di attivare protezioni, se non quelle elementari, per i loro greggi. Cosicché sono già diversi coloro che, dopo i primi assalti del lupo o solo temendone il possibile verificarsi, si sono disfatti dei loro piccoli greggi. Con effetto di un ulteriore abbandono del territorio, la cui fragilità, è stata ampiamente dimostrata anche in occasione dei recenti eventi atmosferici. “Il rischio vero oggi – spiega ancora la Presidente Ferrari – è la scomparsa della presenza dell’uomo delle montagne e delle aree interne per l’abbandono di tantissime famiglie ma anche di tanti giovani che faticosamente sono tornati per ripristinare la biodiversità perduta con il recupero delle storiche razze di mucche, capre e pecore. Di questo passo saranno i pastori la specie in via di estinzione. La stalla non è una saracinesca di un negozio: quando si abbassa non riapre più”. (r.s.)