Sanità in affanno: manca il personale

C’è il rischio che sia sempre più difficile rispondere ai bisogni di salute dei cittadini

Secondo il 18° Rapporto del Centro per la ricerca economica applicata in sanità (Crea Sanità) dell’Università di Tor Vergata, in Italia mancano all’appello 30mila medici e 250mila infermieri. Il report evidenzia che per colmare questo gap, sarebbe necessario aumentare la spesa corrente del Ssn di 30,5 miliardi di euro, ossia del 24%. 
Nei Paesi Ocse il valore della spesa sanitaria pubblica in rapporto al Pil è 7,2%; in Italia è scesa dal 7% al 6,3%. “Inoltre il trend in salita preventivato nel Covid e post Covid con il ministro Speranza si è invertito”, spiega al Sir Giovanni Leoni, chirurgo generale presso l’Ospedale Civile di Venezia e vicepresidente nazionale della Federazione nazionale ordini medici chirurghi e odontoiatri (Fnomceo). La realtà è sotto gli occhi di tutti: oggi i tempi medi per una mammografia sono 720 giorni, 300 giorni per una visita dermatologica, mentre per un’ecografia, una tac o un intervento chirurgico l’attesa può arrivare anche ad un anno.
E mentre la Ragioneria dello Stato informa che nel 2021 la spesa per prestazioni sanitarie private, è arrivata a 37,16 miliardi (+20,7% rispetto all’anno precedente), l’Istat rende noto che l’11% degli italiani ha rinunciato alle cure per motivi economici o difficoltà di accesso ai servizi. Tra il 2010 e il 2020, spiega il dr. Leoni, sono stati tagliati 38.684 posti letto e di conseguenza 29.284mila professionisti solo a livello di medici dipendenti, oggi in totale circa 110mila. Rimanendo invariate le esigenze dei pazienti, con meno letti e meno personale curante i tempi di attesa si sono allungati, aggravando potenzialmente le malattie dei pazienti, rendendo più complesse le cure e aumentando il carico di responsabilità dei medici.
Molti di loro lasciano gli ospedali perché la carenza di organico si traduce in turni massacranti con stipendi inadeguati rispetto all’impegno, alla fatica e al rischio professionale. Per non parlare delle aggressioni e delle violenze. Diversi entrano nelle cooperative, dove il compenso immediato è più alto e si può gestire meglio il proprio tempo.
Ma il ricorso alle cooperative costa alle aziende circa tre volte la tariffa di un normale medico: si passa dai 40 ai 120 euro lordi l’ora dello stesso medico in appalto. Il Pnrr prevede da qui al 2026 diversi interventi di carattere tecnologico e la realizzazione di 1.288 Case della comunità ma non può programmare assunzioni del personale. Senza investimenti sui professionisti – adeguamenti economici, correttivi sulla programmazione, risorse per nuove assunzioni – sarà sempre più difficile rispondere ai bisogni di salute dei cittadini.
Occorre comprendere che la sanità pubblica non è un costo da tagliare sistematicamente ma un investimento, oltre ad essere l’indicatore per eccellenza del grado di civiltà di una nazione.

(G.P.T.)