La pace è anche conveniente

Di solito, quando si parla di pace si vola alto; la si considera un valore di nobile portata che non ha bisogno di essere sostenuto da ragionamenti segnati dall’opportunismo. Si deve cercare la pace, si dice, perché il valore della vita deve prevalere su ogni altra considerazione; perché gli uomini devono considerarsi tutti fratelli; perché, aggiungiamo noi credenti, siamo tutti figli di Dio. Per questo appare fuori luogo portare altra acqua a quel mulino attraverso ragionamenti più terra terra.
Eppure, proprio lo sviluppo che ha caratterizzato la nostra società a livello mondiale negli ultimi decenni – e che ci ha portato al punto in cui oggi ci troviamo –, unito a fatti che si stanno ripetendo con una certa frequenza, giustifica proprio l’idea di sostenere la pacifica convivenza tra i diversi popoli anche solo per motivi di opportunità. La regina del “giallo”, Agatha Christie, diceva che tre indizi fanno una prova.
Ebbene, in questi ultimi giorni il mondo di internet – e più in generale dell’informatica – è stato segnato da almeno tre fatti ravvicinati: il blocco dei server di Libero, il blocco del sistema informatico di Tim, l’attacco portato da pirati informatici ai sistemi di aziende dislocate in diversi Stati. In tutti questi casi, stiamo parlando di aziende che pongono il buon funzionamento dei loro sistemi e la lotta agli hacker tra i loro primi obiettivi.
Le conseguenze che certi attacchi o malfunzionamenti hanno sulla solidità delle aziende stesse e sulla vita di tutti noi ci fa capire cosa potrebbe accadere se uno Stato decidesse di portare azioni ostili – una guerra – in questo campo. Se sono bastati pochi giorni di blocco per gettare nel panico gestori e utenti dei servizi colpiti, si può immaginare cosa potrebbe significare la distruzione di buona parte dei sistemi informatici di un intero Paese o, addirittura, di più Paesi.
La dipendenza della nostra società da quei sistemi ha raggiunto livelli tali per cui una loro crisi prolungata, per non parlare di eventuali danni irreversibili, paralizzerebbe, di fatto, la maggior parte delle attività economiche, finanziarie e lavorative, riportandoci indietro di decenni ma senza più avere le strutture né le competenze di quei tempi. Ecco, allora, che si può parlare di convenienza e non solo di valori ‘alti’ per sostenere la necessità di una pacifica convivenza delle nazioni e dei popoli.
Oggi, più che mai, il sistema delle relazioni internazionali dovrebbe indurre i Paesi a dialogare ‘in pace’, cercando di valorizzare il principio della collaborazione rispetto a quello della sfida, del reciproco sostegno rispetto alla voglia di prevalere gli uni sugli altri. Tragedie come quella del terremoto che ha colpito la Turchia e la Siria dovrebbero aiutare a riflettere sull’assurdità della violenza e della sopraffazione anche quando non sono condotte con le armi.

Antonio Ricci

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