Ufo 78: in quella terra di confine diversa dal resto della Toscana

L’incipit già non lascia dubbi: siamo in “quella terra di confine, diversa dal resto della Toscana, già un poco Liguria e con parlate tutte sue”. Siamo decisamente in Lunigiana e siamo di fronte ad uno dei pochi romanzi (al netto degli scrittori “indigeni”) ambientato quasi interamente da queste parti. Parliamo di “Ufo 78” (Einaudi, 2022), ultima fatica di Wu Ming, il collettivo di scrittori bolognesi autori di numerosi romanzi storici di successo, “Q”, pubblicato in 30 paesi e “54” su tutti.
È il 1978, ovviamente. Sono gli anni del terrorismo, delle controculture, delle prime avvisaglie del reflusso e del boom dell’eroina. Sono i mesi in cui Aldo Moro è rapito ed ucciso e in cui, nei cieli di tutta Italia, iniziano a proliferare avvistamenti di ufo. Come se un popolo intero (è la lettura “antropologica” del libro) volesse evadere da una realtà difficile da comprendere verso nuovi mondi alieni.
Cosa c’entra la Lunigiana, quasi sempre ai margini della storia e della cronaca? C’entra perché Wu Ming sceglie di imperniare tra Aulla e Fivizzano (il monte Quarzerone, teatro di misteriosi avvenimenti, l’antro di San Palpano, il paese di Forravalle per noi locali rimandano chiaramente alla valle del Lucido o giù di lì) le storie di Jacopo e Margherita, scout scomparsi durante un campeggio in zona, di Milena Cravero, antropologa che studia gli ufologi dell’epoca, di Martin Zanka, scrittore romano e di suo figlio Vincenzo, ex eroinomane, che vive a Thanur, una comunità in Lunigiana e di Jimmy Fruzzetti, ufologo freak con un negozio di dischi ad Aulla frequentato da Battiato. Una galleria di personaggi curiosi, ma sempre credibili grazie alla capacità (cifra stilistica dei romanzi di Wu Ming) di costruire un perfetto mondo narrativo fatto di dettagli, atmosfere, riferimenti musicali e “slang” del tempo capaci di trasportare il lettore letteralmente dentro un’epoca ed un luogo.
Per i lettori lunigianesi il “librotrasporto” è ancora più efficace perché è facile figurarsi “la piccola Stonehenge di Camporaghena” o “i facion di pietra di Cervara” (e qui siamo di fronte alla prima citazione letteraria che si ricordi della frazione nella Valle del Verde).
Non mancano un lessico sempre puntuale e riusciti personaggi minori con quel modo selvatico, tutto locale, di rapportarsi con i “foresti”. C’è spazio anche per una affascinante ipotesi cosmonautica sull’origine delle statue stele: secondo lo scrittore Zanka è possibile che in epoca neolitica la Lunigiana sia stata visitata da popolazioni aliene e che le statue altro non siano che il tentativo degli autoctoni di rappresentare quei visitatori.
Proprio distinguere la credibile finzione degli autori dall’incredibile realtà di quegli anni è il grande gioco a cui è chiamato il lettore seguendo un intreccio (non diciamo altro per evitare spoiler) che diventa racconto corale e insieme un thriller, uno psichedelico giallo, un romanzo storico. E un omaggio geniale a queste nostre terre ai margini, della letteratura e non solo.

Chiara Filippi