Arrivati a Fiumicino 152 profughi afgani
Di corridoi umanitari con i quali favorire l’uscita di persone e famiglie che rischiano la vita si parla spesso. Poco o niente, però, viene fatto dalle istituzioni statali per organizzare questa accoglienza “morbida”; quel poco (da non intendere come un giudizio negativo) che è stato fatto fino ad oggi lo si deve piuttosto ad organizzazioni religiose o di tipo assistenziale che, contando sulla disponibilità di tanti volontari, riescono a mettere in piedi qualche progetto per salvare un certo numero di persone (sempre troppo poche) da quello che non è esagerato definire “inferno”.
L’ultima volta è successo lil 24 novembre, quando 152 profughi afghani (tra questi 62 bambini) sono giunti all’aeroporto di Fiumicino dal Pakistan. Ad attenderle tutti gli enti e le associazioni che sono riusciti ad aprire questo corridoio umanitario: Caritas Italiana (su mandato della Cei), Comunità di Sant’Egidio, Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, Tavola Valdese, Arci, Iom (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni), Inmp (Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni Migranti e per il contrasto delle malattie della Povertà) e Unhcr, d’intesa con i ministeri dell’Interno e degli Esteri. Questi enti saranno impegnati in prima linea nell’attuazione dei progetti per l’inserimento dei profughi: l’iscrizione a scuola per i minori, i corsi di apprendimento della lingua italiana per gli adulti, l’inserimento nel mondo lavorativo una volta ottenuto il riconoscimento dello status di rifugiati.
Nei due Paesi da cui provengono – l’Afghanistan, terra di origine, e il Pakistan – la presenza talebana è molto forte e questi rifugiati erano ad altissimo rischio in quanto attivisti per i diritti umani o collaboratori di organizzazioni internazionali. In Afghanistan, raccontano, la gente sta morendo di fame, l’economia è quasi a zero. I diritti umani non esistono più. Le donne non possono uscire. Le ragazze non possono frequentare le scuole.
L’unico futuro possibile oggi è uscire dal nostro paese ma per tutti gli afgani il primo desiderio è di poter vivere nella pace nel proprio Paese. “I corridoi umanitari lanciano un messaggio che è possibile trovare vie legali e in sicurezza”, dice mons. Giuseppe Baturi, segretario generale della Cei, per accogliere chi fugge o chi ha bisogno di una vita dignitosa, senza che debba cadere in mano a delinquenti e criminali che sfruttano la sofferenza dell’uomo per interessi economici”. I corridoi funzionano, aggiunge Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio; lo conferma il fatto che le persone giunte finora in Italia sono tutte perfettamente integrate”.
Anche la Caritas della nostra diocesi è coinvolta in modo diretto nel progetto perché si è impegnata ad ospitare e aiutare nell’inserimento in terra Apuana una tra le famiglie appena giunte in Italia. Si tratta di una mamma ed un papà con tre bambini dai 4 ai 13 anni, tutti desiderosi di trovare in Italia una casa accogliente in cui realizzare i sogni che – sino ad ora – sono stati negati loro. Per ora, grazie all’impegno degli operatori Caritas, ai nuovi arrivati è stato preparato un alloggio sicuro nel Seminario Vescovile di Massa. Una collocazione momentanea, dato che si prevede che, ad inizio 2023, possano essere completati i lavori in una casa a Carrara, dove la famiglia avrà modo di trasferirsi.
Nel frattempo, alcuni volontari di Caritas hanno messo a disposizione della famiglia il proprio tempo per dar vita a momenti ricreativi, lezioni di italiano, gite al parco ed in spiaggia, cene conviviali; tutte attività grazie alle quali i nuovi ospiti stanno finalmente ritrovando una dimensione umana da tempo perduta. Spetterà poi alla comunità di Carrara – che li ospiterà a breve – tessere una rete di relazioni che possa consentire alla famiglia di integrarsi nella nuova realtà. Una preziosa occasione per la Caritas, come ha sottolineato il card. Matteo Zuppi, per promuovere il tema della carità nella comunità cristiana, tramite un approccio pedagogico finalizzato ad andare incontro agli ultimi.