
Domenica 27 novembre – I di Avvento
(Is 2,1-5 – Rm 13,11-14 – Mt 24,37-44)
A ll’inizio del nuovo anno liturgico le letture domenicali ci invitano ad accogliere il Signore Gesù che viene a Natale, che viene al termine nella nostra vita, che verrà alla fine del tempo per “giudicare i vivi e i morti”. Il brano di Vangelo ci offre queste tre esortazioni.
1. Vegliate. Il tempo di Avvento capita quando la natura scivola verso il sonno. All’invito di Gesù a vegliare è quindi più che appropriata l’esortazione di San Paolo: “È ormai tempo di svegliarvi dal sonno, la notte è avanzata, il giorno è vicino”. Il Signore è già venuto nella povertà della nostra natura umana e attendiamo la sua venuta nella gloria: non è ancora giorno pieno, ma non siamo più nelle tenebre, che sono complici della inattività. Oggi più che mai i cristiani sono invitati dalle necessità del momento a giocare un ruolo profetico di contestazione riguardo ad un mondo addormentato nelle cose della vita dello spirito. La missione della Chiesa non è tanto quella di aumentare le percentuali, ma quella di suonare la sveglia e diventare significativa nella società; non importa avere consensi, ma essere fedele il più possibile allo spirito del Vangelo per apparire ed essere “il sale della terra, la luce del mondo”.
2. Tenetevi pronti. L’Avvento è richiamo a superare l’indifferenza e la freddezza dovuta forse a stanchezza o a rassegnazione. Nell’attesa del giorno del Signore ci è concesso un tempo opportuno per ravvivare “la volontà di andare incontro con le buone opere al Cristo che viene”. Il richiamo è sempre opportuno, perché spesso ci lasciamo prendere dall’illusione di poter programmare il tempo, piegarlo, dominarlo, determinarlo, come accadde ai tempi di Noè. Pertanto pur tenendo i piedi ben saldi sulla terra, i nostri occhi sono rivolti verso il cielo; affrontiamo le nostre responsabilità e chiediamo al Signore che ci conceda la gioia di pregustare la felicità messianica, descritta con quelle bellissime immagini del profeta: “Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci”.
3. Non sapete in quale giorno il Signore verrà. Tutte le nostre celebrazioni, sia a Natale sia a Pasqua, sono sempre fatte “nell’attesa della sua venuta”, perché anche se non sappiamo quando sarà il “Giorno del Signore”, certamente il Signore verrà. Evitiamo l’errore di alcuni teologi inesperti che parlano di “ritorno” di Cristo. Gesù è con noi tutti i giorni, fino alla fine, non ci ha abbandonati, quindi non si può dire che ritorna, ma che verrà in maniera diversa: “Verrà nello splendore della sua gloria e ci chiamerà a possedere il regno promesso” (Prefazio). Per il cristiano il fluire della storia è un cammino incontro al Signore, il quale un giorno ci chiederà conto del tempo che ci ha dato, anche se il suo giudizio sarà più benevolo di quello degli uomini, perché Egli non solo giudica, ma anche perdona.
† Alberto