I fuoriusciti in Francia: perseguitati politici ma anche molti terroristi

Gli antifascisti Luigi Campolonghi, Alceste De Ambris e Carlo Sforza, Sandro Pertini, Carlo Rosselli, Piero Gobetti…

 

Carlo Rosselli (1899 – 1937)

Per la sua vicinanza e la politica adottata, la Francia è stato da sempre il Paese verso il quale gli italiani hanno guardato come opportunità di lavoro e di rifugio. Ha radici lontane l’emigrazione, anche dalla Lunigiana, di quanti valicavano le Alpi alla ricerca di lavoro. E sono stati davvero tanti gli esponenti politici che là hanno trovato una terra che li ha accolti e dove hanno potuto continuare a svolgere un’attività contro i regimi che si sono alternati nel nostro Paese.
Tra i primi a rifugiarvisi alla fine del XIX secolo fu il pontremolese Luigi Campolonghi (1876-1944): nel 1898, direttore del periodico “La Terra”, fuggì a Marsiglia per evitare l’arresto. Il secondo esilio fu all’inizio del Ventennio quando divenne un obiettivo delle repressioni della nascente dittatura fascista; sarebbe rientrato solo alla caduta di Mussolini, ma non riuscì a tornare a Pontremoli.
Anche il liccianese Alceste De Ambris (1874 – 1934) fu due volte esule (a fine Ottocento e poi dal 1923) in Francia dove morì all’età di sessant’anni. Importante anche la figura del montignosino Carlo Sforza (1872-1952): nell’autunno 1922, appena il re nominò Mussolini capo del governo, si dimise da ambasciatore a Parigi. Rientrato in Italia fu costretto a riparare in Francia cinque anni dopo; vi rimase fino all’invasione tedesca quando si trasferì in Inghilterra.

Sandro Pertini, al centro, al lavoro in un autolavaggio di taxi in Francia nel 1926 (da Wikipedia)
Pertini muratore a Nizza nel 1927 (da: Wikipedia)

Socialisti di primissimo piano fuggiti in Francia furono Pertini, Turati e i fratelli Rosselli. Sandro Pertini (1896-1990), nel 1925 fu condannato a otto mesi di carcere, due anni dopo subì una seconda condanna per aver favorito la fuga di Filippo Turati (1857 – 1932) proprio in Francia, dove il futuro Presidente della Repubblica lo seguì in esilio appunto nel 1927. Vi restò due anni, per rientrare poi in Italia dove venne arrestato e condannato al confino dove rimase fino alla caduta del fascismo nel 1943. Turati, fuggito in Corsica alla fine del 1926 via mare da Savona, raggiunse poi Parigi e rimase in Francia fino al 1932 quando morì a 74 anni. La sua fuga e permanenza Oltralpe aveva anche un significato politico nei confronti dell’opinione pubblica: restare in Italia per gli oppositori del regime non era possibile.
Anche il liberale Giovanni Amendola (1882 – 1926) morì in Francia; oppositore del governo Mussolini fin dal 1922, dopo minacce e aggressioni fu gravemente ferito dai fascisti nel luglio 1925. Dopo le prime cure si fece ricoverare a Parigi dove però le condizioni di salute peggiorarono fino alla morte. Concluse i suoi giorni in Francia anche Piero Gobetti (1901-1926); teorizzatore della “Rivoluzione liberale”, antifascista, all’inizio del 1926 lasciò Torino per il territorio francese dove morì poche settimane dopo, il 15 febbraio, per l’aggravarsi delle condizioni di salute.
Ben noto il caso di Carlo Rosselli (1899 – 1937), a lungo esule a Parigi: nel 1929 fuggì dal confino a Lipari diretto in Tunisia da dove raggiunse la Francia. La sua intensa attività politica antifascista venne tragicamente interrotta nel 1932 a Bagnoles de l’Orne dove fu ucciso assieme al fratello Nello da esponenti dell’estrema destra francese su commissione del regime fascista.
Con Carlo Rosselli a Parigi era anche Emilio Lussu (1890 – 1975) fondatore del Partito Sardo d’Azione; fu arrestato e nel 1927 condannato a cinque anni di confino, ma nel 1929 fuggì in Francia assieme a Carlo Rosselli con il quale fu tra i fondatori di “Giustizia e Libertà”.
Nell’agosto 1925 la Francia accolse anche Gaetano Salvemini (1873 – 1957): l’intellettuale antifascista fuggì a Parigi prima di trasferirsi negli Stati Uniti dove, dall’inizio degli anni Trenta, fu docente universitario ad Harvard.
In anni più recenti la terra francese ha dato accoglienza anche a molti protagonisti degli “anni di piombo”, spesso condannati in Italia a lunghe pene detentive per reati di particolare gravità. Vicende ancora molto attuali come dimostrano le sentenze della primavera scorsa degli organi di giustizia francesi.
Tra i più noti è Giorgio Pietrostefani (1943), fondatore con Adriano Sofri di Lotta Continua e condannato quale mandante dell’omicidio del commissario Luigi Calabresi messo in atto nel 1972. Da decenni è in Francia dove ha goduto della protezione prevista dalla discutibile “dottrina Mitterand” (enunciata nel 1985 dal Presidente della Repubblica Francese e per la quale la Francia garantisce il diritto d’asilo e non concede l’estradizione per atti che, pur violenti, siano di “ispirazione politica”) ma anche di sentenze a lui favorevoli.
Ben noto, e ancora presente nelle cronache recenti, anche il caso di Cesare Battisti (1954); evaso dal carcere di Frosinone nel 1981, in seguito fu condannato a due ergastoli, ma in contumacia in quanto, nel frattempo, aveva trovato clandestinamente rifugio in Francia dove tornò nel 1990 dopo alcuni anni in Messico. I magistrati francesi negarono l’estradizione in Italia fino al 2004, ma Battisti varcò nuovamente l’oceano riparando in Sudamerica dove è rimasto fino al 2019 quando è stato estradato nel nostro Paese.

Paolo Bissoli