Preoccupa l’escalation di violenza delle gang giovanili
Risse, percosse, atti di bullismo, disturbo della quiete pubblica, vandalismo. Sono i principali reati commessi dalle gang giovanili ormai presenti nella maggior parte delle regioni italiane. Composte da meno di 10 ragazzi, in prevalenza maschi e con un’età compresa fra i 15 e i 17 anni, aumentate negli ultimi cinque anni secondo la metà degli Uffici di Servizio sociale per i minorenni e il 46% delle Questure e dei Comandi provinciali dei carabinieri. È quanto emerge dal primo report esplorativo “Le gang giovanili in Italia”, realizzato da Transcrime – il Centro di ricerca sulla criminalità transnazionale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, dell’Università di Bologna e dell’Università di Perugia – in collaborazione con i dipartimenti di settore dei ministeri dell’Interno e della Giustizia.
Nella maggior parte dei casi i membri delle gang, in leggera prevalenza nel Centro-Nord rispetto al Sud, sono italiani. Secondo il rapporto, oltre ai crimini sopra riportati, alcuni gruppi più strutturati si rendono colpevoli anche di spaccio di stupefacenti o di reati appropriativi come furti e rapine. Le vittime sono altri giovani tra i 14 e i 18 anni. Una escalation si registra anche nelle tipologie di queste gang. Più diffusi – e presenti un po’ in tutte le aree del Paese – sono i gruppi privi di struttura e di gerarchia definite, dediti ad attività criminose occasionali. Altri gruppi, composti quasi in esclusiva da italiani, si ispirano o hanno legami con organizzazioni criminali nazionali – nel Sud la malavita organizzata, della quale aspirano di entrare a far parte – o estere. Questi ultimi gruppi, diffusi soprattutto nelle aree urbane del Centro-Nord, sono formati in prevalenza da stranieri di prima o seconda generazione. Infine, ci sono gruppi con struttura definita ma senza riferimenti ad altre organizzazioni, presenti in tutte le macroaree del Paese, composti in prevalenza da italiani e che arrivano a compiere reati più gravi.
A spingere questi giovani ad aggregarsi in gang criminali sono soprattutto i rapporti problematici con le famiglie, con i pari o con il sistema scolastico; le difficoltà relazionali o di inclusione nel tessuto sociale; il disagio socio-economico. A sostenere l’identità di gruppo contribuiscono i social network, che innescano processi di emulazione o auto-assolvimento.
Scopo della ricerca effettuata da Transcrime – spiega il direttore, Ernesto Savona – è quello di favorire un impegno sinergico tra mondo della ricerca e autorità pubbliche. “Comprendere i problemi, afferma, è la base per sviluppare strategie di intervento realmente efficaci”. Concorda con questa analisi il prefetto Vittorio Rizzi, vice direttore generale della Pubblica sicurezza, secondo il quale occorre “intercettare i fenomeni di disagio sul nascere” e far sì che “le vittime abbiano fiducia nelle forze di polizia e chiedano subito aiuto”. La conoscenza di questi fenomeni, afferma il capo Dipartimento giustizia minorile, Gemma Tuccillo, è indispensabile per l’avvio di interventi operativi adeguati e di politiche di recupero e sicurezza sociale”.          
(G.P.T. – Agensir)