Da Mani Pulite  la crisi dei partiti

Si conviene ormai da parte di tutti, anche degli storici, che il 1992 sia stato l’anno di nascita della Seconda Repubblica italiana; non ci fu un colpo di stato con le armi, ma nelle aule giudiziarie si consumò il processo contro alcuni partiti politici e i loro segretari. La causa scatenante fu scoprire che per conservare consenso i partiti e i singoli candidati cercavano finanziamenti dai privati, senza escludere i mafiosi, con scambi di interessi. Fu la rivoluzione definita “Mani pulite”, che doveva condannare il malgoverno; tantissimi cittadini appoggiarono con entusiasmo la denuncia portata in tribunale a Milano da un pool di magistrati. Comparvero sui muri le scritte “Di Pietro, facci sognare!”.
Il sogno era fare pulizia radicale, mandare a casa quegli stessi parlamentari che i cittadini avevano liberamente eletto, tanto forte era l’indignata reazione contro una classe dirigente degradata e disgregata, non più stimata. Erano finiti i tempi del consenso largo, per varare maggioranze di governo si era arrivati a ibridi accordi di ben cinque partiti, finanziati tutti con manovre spregiudicate da parte anche di potenze straniere, come candidamente disse il segretario socialista Craxi senza essere smentito.
La crisi dei partiti era grave, si offuscava la libera organizzazione delle varie opinioni, funzione storica e richiamata nell’art. 49 della nostra Costituzione repubblicana: “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. Purtroppo a trent’anni di distanza la politica non vive tempi migliori, mancano statisti competenti a progettare il futuro con idee e modalità concrete, si è fatto ricorso a governi tecnici. I partiti non sono più strutturati secondo le finalità indicate dalla Costituzione, sono indicati col nome della persona, non hanno presenza di servizio e di formazione sul territorio; proliferano movimenti improvvisati quasi sempre a prescindere dalla preparazione e da una necessaria passione o vocazione alla politica.
Non c’è stata la determinazione di fare una legge elettorale che rimetta l’elettore in grado di scegliere tra i candidati, invece di ritrovare nella scheda personaggi scelti dal vertice; tante le vecchie conoscenze, poche le donne e i giovani. Il cittadino si ritrova confuso, perde fiducia nelle istituzioni.
Non sorprende quindi che continui ad aumentare l’astensione, fenomeno gravissimo perché può mettere a rischio la democrazia, la migliore delle istituzioni: un danno sciagurato da evitare con fermezza il prossimo 25 settembre, perché la situazione italiana e globale è molto peggiorata: guerra, fame, malattia, inquinamento e morte esigono che assolutamente si eserciti il diritto-dovere di votare, scegliendo se non il soddisfacente, il meno peggio.

Maria Luisa Simoncelli