Sulla vita l’impegno di tutti

Le vicissitudini che, da un paio di anni, stanno sconvolgendo un sistema di vita che appariva inattaccabile stanno davvero lasciando segni profondi. Prima la pandemia, mai debellata, se non nei sogni di chi scalpita per il ritorno ad una normalità che appare per il momento una chimera. Poi la guerra in piena Europa: un ritorno allo spettro di una catastrofe mai dimenticata, e che oggi potrebbe avere conseguenze ancor più nefaste. Come conseguenza di tutto ciò, un’economia impazzita, che sta mettendo in ginocchio – e non è una sorpresa – chi già stava a galla per miracolo.
Tutti questi problemi avevano relegato ai margini del dibattito argomenti non di secondo piano, tornati prepotentemente in evidenza per le notizie diffuse in queste ultime settimane. Da una parte, il suicidio di “Mario”-Federico Carboni, dall’altra la sentenza della Corte suprema degli Stati Uniti sulla legittimità della pratica dell’aborto a livello federale.
Non scendiamo nei particolari di due argomenti difficili da trattare e da spiegare anche da parte di specialisti, che non siamo. Né vogliamo riaprire un dibattito sulla liceità di certi interventi perché, dal punto di vista della dottrina cattolica ci sono ben pochi margini di discussione: per quanti casi particolari si possano citare, per quanta compassione essi possano suscitare, niente può superare la definizione della vita come di un bene che non rientra nella disponibilità degli individui.
Da qui parte un primo ostacolo, che dovrebbe essere affrontato in totale libertà da ogni posizione precostituita: si può parlare di “diritti”, quando un’azione contrasta con principi inviolabili o con i diritti di un’altra persona? Pensiamo che una discussione pacata, libera da schemi ideologici potrebbe portare a convergenze capaci di superare la classica separazione tra credenti e non credenti. La legge 194, nei suoi primi articoli, sta lì ad indicare che il rispetto per la vita può essere condiviso, a fronte di un male che colpisce tutti.
Ma la cosa che maggiormente dà fastidio va oltre le questioni di principio. Senza voler gettare la croce addosso a nessuno, appare per lo meno fuori luogo il clima di euforia che ha accompagnato la notizia della morte, procurata con suicidio assistito, di Federico.
Un fatto che, forse anche al di là delle intenzioni, è stato presentato dai suoi sostenitori come un record, che però non può prevedere la consegna di una medaglia perché comporta la soppressione di una vita. Su certi argomenti l’impegno maggiore dovrebbe essere quello di rimuovere tutte le cause che possono portare a certe decisioni e questo non può avvenire se non attraverso interventi legislativi ponderati e misurati attentamente. Poi, ancora più importante, bisogna, almeno in questo campo, evitare di cadere nel detto: “fatta la legge trovato l’inganno” perché troppo alta è la posta in gioco.

Antonio Ricci

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